venerdì 6 febbraio 2009

CONTRO IL REVISIONISMO STORICO SULLA QUESTIONE DELLE "FOIBE"

SULLA QUESTIONE DELLE " FOIBE ": ORIGINE,STORIA, CAUSE E RESPONSABILITA'

E' nostro dovere impedire a chiunque di gettare fango sulla lotta di Liberazione e sui partigiani. Gli ideali e i valori della Resistenza e dell'antifascismo sono e devono rimanere un patrimonio indelebile della nostra storia, del nostro popolo e dell'intera umanità.

Un giorno sì e l'altro pure sui mezzi di disinformazione del regime neofascista e nel dibattito politico vengono riproposte alcune tematiche inerenti agli avvenimenti accaduti tra il 1943 e il 1945 nella Venezia-Giulia in Istria e in Slovenia. E ancora una volta a emergere come dato caratterizzante di quegli avvenimenti, è la questione delle foibe.

Non ci stupisce certo che proprio in questi tempi, segnati dalla volontà della borghesia e dei suoi politici in camicia nera di portare a compimento il processo di revisione e di riabilitazione del ventennio mussoliniano, di "pacificazione e riconciliazione nazionale'', di cancellazione della storia e dei valori dell'antifascismo a cui fa da contraltare lo sviluppo di una violenta campagna anticomunista, torni in auge la questione delle foibe, da sempre strumentale "cavallo di battaglia'' della propaganda fascista. E, come tale, hanno scelto di trattare questa questione astraendo sostanzialmente dal quadro storico che, a partire dalle cause che li hanno generati, segna lo sviluppo degli avvenimenti di quegli anni. Ciò che in buona sostanza si tenta di accreditare e contrabbandare come convincimento generale a livello di massa è che le foibe siano l'espressione diretta della ferocia antiitaliana e che gli "infoibati'' siano "martiri'' di un preordinato sterminio etnico perpetrato dalla resistenza, dai partigiani e dai comunisti jugoslavi.

Quelli che qui sono in gioco non sono i "sentimenti umani''; ma la responsabilità storica e politica di avvenimenti alla cui origine stanno lo snaturamento dell'identità nazionale del popolo jugoslavo e dei suoi diritti, le vessazioni a cui è stato sottoposto dall'imperialismo, dal nazionalismo e dal fascismo italiani prima e, in seguito, dall'aggressione e dall'occupazione nazifascista.

E' necessario quindi smascherare lo stravolgimento di quegli avvenimenti, a cui si sono accodati e su cui si sono appiattiti nel tempo, tutti i partiti istituzionali. Ci soffermeremo qui su tre aspetti imprescindibili.

La politica fascista nei territori slavi annessi all'Italia alla fine della I guerra mondiale

La conclusione della I guerra mondiale mutò radicalmente gli equilibri politici internazionali e ridisegnò i confini geografici di numerose nazioni.
I nuovi scenari geo-politici scaturirono dagli accordi e dai diktat emersi dalla Conferenza di pace apertasi a Parigi, nel palazzo di Versailles, il 18 gennaio 1919 ed alla quale parteciparono le rappresentanze di ventisette Stati. Dalla Conferenza emersero le nuove ambizioni imperialistiche e, con esse, i contrasti tra i paesi imperialisti emergenti e si delineò altresì, la supremazia di Stati Uniti, Francia e Inghilterra. L'Italia in particolare, vide ridimensionate le sue ambizioni espansioniste. Le richieste presentate a Parigi dal primo ministro Orlando in virtù di alcuni articoli segreti stabiliti nel Trattato di Londra del 1915 (Trentino, Tirolo, vaste zone balcaniche, colonie dell'Anatolia e dell'Africa), vennero osteggiate e rimesse in discussione da Wilson, Clemenceau e Lloyd George. Orlando, che in un primo tempo aveva abbandonato la Conferenza, rientrò a Parigi accettando quanto stabilito dalle tre maggiori potenze.
Con la firma del trattato di pace da parte dell'Austria il 10 settembre 1919 nel castello di Saint Germain, all'Italia andarono Trento, il Sud-Tirolo, Trieste e parte dei territori slavi meridionali. La mancata annessione di tutti i territori rivendicati fece crescere in Italia la protervia del nazionalismo e del nascente fascismo sfociata, il 12 settembre 1919, nella banditesca azione del manipolo guidato da D'Annunzio dell'occupazione di Rijeka (Fiume).
La soluzione al contenzioso territoriale tra il Regno d'Italia e il Regno dei serbi-croati-sloveni (denominato Regno di Jugoslavia nel 1929) si ebbe con il Trattato di Rapallo firmato il 12 novembre 1920. Il confine orientale vedeva annessi all'Italia territori ad etnia mista italo-croata e italo-slovena (concentrate soprattutto nelle città), ma anche zone totalmente slovene comprendenti complessivamente una popolazione di circa mezzo milione di persone tra sloveni e croati.
Il fascismo al potere in Italia significò per tutte le minoranze nazionali presenti nel paese, l'inizio di una violenta campagna di discriminazione, di negazione di diritti fondamentali e di italianizzazione forzata. E questa campagna trovò l'apice più virulento proprio ai danni della minoranza slava, nei confronti della quale il regime manifestò un'avversione dettata da un profondo disprezzo di natura razzista. Il programma di snazionalizzazione imposto dal fascismo portò alla soppressione totale delle istituzioni nazionali slovene e croate, al divieto dell'uso del serbo-croato e all'imposizione dell'italiano come unica lingua nelle scuole e negli uffici pubblici. Venne attuata l'italianizzazione delle principali città con il trasferimento in esse di popolazione italiana. Nelle scuole furono licenziati gli insegnanti di madrelingua e vi fu una forte limitazione all'assunzione di impiegati sloveni negli uffici pubblici. Scomparso ogni diritto a tutela della identità slava, si arrivò perfino alla italianizzazione forzata dei cognomi.
Anche la gerarchia ecclesiale vaticana aderì a questa politica rimuovendo dall'incarico i vescovi slavi di Trieste e Gorizia e abolendo l'uso della lingua slovena nelle funzioni liturgiche e nella catechesi.
Di pari passo all'attuazione del programma di snazionalizzazione, le squadracce nere avevano campo libero per compiere le loro azioni criminali. Vi fu uno stillicidio di attacchi e di devastazioni di sedi di circoli e di organizzazioni slave e di sistematiche aggressioni a persone che cercavano di opporsi alla politica del regime o che manifestavano un qualche dissenso verso di essa.
L'opposizione alla politica mussoliniana si sviluppò essenzialmente su due direttrici: una di tipo nazionalista e irredentista, basata su gruppi chiusi e su azioni dimostrative anche di tipo terroristico che il regime utilizzò per cercare di dare giustificazione all'inasprirsi dell'azione repressiva; l'altra che, accanto alla salvaguardia dell'identità nazionale, sosteneva la necessità dell'allargamento e del radicamento della lotta antifascista tra la classe operaia e le masse popolari delle diverse etnie presenti in quei territori.
La repressione dell'opposizione fu durissima e tuttavia il regime non riuscì mai a "normalizzare'' la situazione in quei territori. Il Tribunale speciale iniziò la sua nefanda opera in quella zona nel febbraio del 1927. E tra il 1927 e il 1943, solo contro imputati sloveni e croati, ci furono centotredici processi. Le condanne furono sempre durissime. Trentaquattro antifascisti sloveni vennero condannati a morte, mentre ad altri 581 vennero inflitti complessivamente 5.418 anni di reclusione. Tra le vittime di questa spietata azione repressiva, moltissimi furono i militanti comunisti.

L'attacco nazifascista alla Jugoslavia

All'alba del 6 aprile 1941 l'aviazione della Germania nazista sferrava un violento bombardamento su Belgrado, radendo al suolo interi quartieri della città e provocando la morte di circa diecimila persone tra la popolazione civile. Contemporaneamente in più punti del Paese, truppe di invasione tedesche, italiane, bulgare e ungheresi violavano i confini dello Stato balcanico. Cominciava così l'invasione nazifascista della Jugoslavia che, secondo le intenzioni di Hitler, doveva portare allo smembramento e alla scomparsa del regno jugoslavo come nazione. Il 15 aprile il re e il governo fuggirono in Grecia per rifugiarsi poi in Inghilterra, e dopo soli undici giorni di combattimento il 17 aprile i rappresentanti militari di Belgrado si arresero al generale Von Weichs. La spartizione del territorio jugoslavo tra gli occupanti portò la gran parte della Serbia e della Slovenia sotto il controllo tedesco, la Macedonia alla Bulgaria e la zona di Novi Sad all'Ungheria.
La Croazia fu formalmente eretta a regno indipendente. In realtà si creò uno Stato fantoccio con il duca Aimone di Savoia nominato re e la guida del governo assegnata all'ustascia fascista Ante Pavelic. L'Italia ricevette Lubiana e la zona meridionale della Slovenia, parte consistente del litorale della Dalmazia e alcune zone della Bosnia, del Montenegro e del Kossovo.
L'occupazione nazifascista scatenò in Jugoslavia una vera e propria campagna di terrore e di oppressione che si avvalse anche dell'apporto dei gruppi collaborazionisti della destra nazionalista che approfittarono della situazione per fomentare e realizzare un sanguinario clima di odio etnico e religioso. Particolarmente efferati furono i massacri compiuti dagli ustascia di Pavelic contro le popolazioni di nazionalità serba e di religione ortodossa in Croazia e Bosnia-Erzegovina e quelli dei collaborazionisti cetnici contro i cattolici croati.
Nella Venezia-Giulia e nei territori annessi dall'Italia dopo l'invasione si inasprì ulteriormente la repressione poliziesca e giudiziaria, alle quali si aggiunse anche quella dei reparti militari. Nel dicembre 1941, ad esempio, dopo una sentenza del Tribunale speciale vennero fucilati a Trieste cinque esponenti del Fronte di Liberazione sloveno, ad altri cinquanta imputati vennero inflitti 666 anni di reclusione, mentre altri ancora non arrivarono neppure al processo perché morirono a seguito delle torture a cui furono sottoposti in carcere.
I reparti militari si dedicarono a sistematiche azioni contro i paesi e le popolazioni civili delle zone annesse.
Molti villaggi del retroterra delle province di Trieste, Gorizia e Rijeka (Fiume) vennero attaccati dai reparti militari, alcuni furono incendiati, migliaia di civili deportati, altri assassinati in esecuzioni sommarie e arrestati. I popoli della Jugoslavia pagarono con un altissimo tributo di sangue, circa un milione di morti, le nefande azioni degli invasori nazifascisti; mentre altre settecentomila furono le vittime della lotta di Liberazione e della guerra.
Se al regime di Belgrado mancò la volontà e la capacità di opporsi al nazifascismo, non così fu per il popolo jugoslavo. La classe operaia e le masse popolari infatti seppero organizzare una attiva e forte resistenza agli invasori che iniziò già nell'estate del 1941, immediatamente dopo l'attacco hitleriano all'Unione Sovietica. Fu una vera e propria guerra di popolo il cui esercito di uomini, donne e giovani delle varie zone del Paese composto all'inizio da circa quindicimila combattenti andò via via ad ingrossarsi fino a superare le ottocentomila unità. Una guerra di popolo che seppe anche sviluppare, attraverso la lotta di Liberazione, il processo rivoluzionario che portò il 29 novembre 1945 alla proclamazione da parte dell'Assemblea Costituente, della Repubblica Popolare Federativa di Jugoslavia. La forza principale nella organizzazione e nella direzione del Movimento partigiano e della Resistenza, specie dopo il tradimento operato dai militari nazionalisti cetnici del generale Mihailovic passati al collaborazionismo attivo, fu il Partito comunista jugoslavo che nell'ottobre 1940 aveva svolto a Zagabria la sua quinta Conferenza nel corso della quale venne eletto il nuovo CC e confermato Tito alla carica di segretario generale.
Abbiamo visto come il confine stabilito nel Trattato di Rapallo, avesse annesso all'Italia un territorio abitato da oltre un quarto della popolazione slovena. Le borghesie italiana e slovena avevano accondisceso a questa soluzione accettando l'una la piena legittimità del diritto italiano a quelle terre e l'altra a riconoscere l'annessione all'Italia per cercare di arginare l'avanzata della lotta rivoluzionaria in Slovenia. Radicalmente divergenti da questa posizione erano i sentimenti popolari e della classe operaia dei due paesi, specie dopo l'avvento al potere del fascismo in Italia e l'attuazione della feroce politica di snazionalizzazione contro la popolazione slovena.
Nell'aprile del 1934 i partiti comunisti italiano, sloveno e austriaco sottoscrissero una dichiarazione comune sulla questione slovena. In essa si affermava tra l'altro: "la violenta spartizione del popolo sloveno tra i due Stati imperialisti vincitori, la Jugoslavia e l'Italia, che è stata compiuta lasciando all'Austria una frazione degli sloveni, ha avuto come conseguenza che i territori sloveni sono diventati il teatro della lotta nazional-rivoluzionaria delle masse del popolo sloveno, e, in pari tempo, il campo dei più intensi intrighi e trame imperialistiche, strettamente collegate con la preparazione di una nuova guerra. Nel periodo del nuovo ciclo di guerre e di rivoluzioni, di cui siamo alla vigilia, la questione slovena può diventare, o una leva della rivoluzione degli operai e dei contadini, liberatrice dei popoli oppressi, oppure uno strumento della controrivoluzione imperialistica''.
La giusta soluzione del problema, indicata nella dichiarazione, stava nella proclamazione del diritto di autodecisione del popolo sloveno fino anche alla separazione dalla Jugoslavia, dall'Italia e dall'Austria; lo stesso diritto veniva peraltro riconosciuto agli italiani, ai croati ed ai tedeschi presenti in Slovenia. La lotta per l'unificazione del popolo sloveno attraverso il diritto all'autodecisione deve collegarsi, si sottolineava nella dichiarazione, alla lotta contro la borghesia per l'instaurazione del potere socialista. "Questo legame - continuava la dichiarazione - è indispensabile... perché il popolo sloveno potrà raggiungere la propria liberazione ed unificazione solo attraverso la lotta rivoluzionaria sotto la direzione della classe operaia e in alleanza con il proletariato della nazione dominante... Soltanto la lotta comune dei lavoratori della nazione slovena e della nazione dominante assicurerà il successo, la vittoria sui nemici e sugli oppressori''.

E' su queste basi che il proletariato, gli antifascisti e i comunisti italiani e sloveni si mossero negli anni bui della tirannia fascista.

L'esplosione dell'odio popolare contro i criminali fascisti e i loro lacché dopo l'8 settembre '43

Quando l'8 settembre 1943 l'Italia firmava l'armistizio, vaste zone del Friuli, della Venezia-Giulia, della Slovenia e dell'Istria erano controllate dalle formazioni partigiane italiane, slovene e croate. Il disfacimento del regime portò allo sfaldamento degli organi di gestione e di controllo del potere mussoliniano a cui si sostituirono le prime forme embrionali di governo da parte del Fronte di Liberazione sloveno e croato. Il Movimento di Liberazione proclamò i territori delle province di Trieste e Gorizia e di Pola e Fiume annesse rispettivamente alla Slovenia ed alla Croazia. Fu in questa situazione, tutt'altro che stabilizzata sul piano della sicurezza e del controllo militare, che in Istria nel settembre 1943 alcune centinaia di persone: fascisti italiani (squadristi, gerarchi e funzionari delle istituzioni del regime); slavi (collaborazionisti e ustascia) e soldati tedeschi, molti dei quali già sul punto di scappare per non dover rendere conto del proprio operato, furono giudicati colpevoli di crimini contro la popolazione locale e quindi passati per le armi dai partigiani slavi e italiani e i loro corpi infoibati.
La propaganda fascista parlò, allora come oggi, dello sterminio etnico di migliaia di italiani. Tutti gli atti risultanti dalle indagini e dalle ricerche svolte nel dopoguerra, anche da parte occidentale, e suffragate da una puntuale documentazione, hanno stabilito che furono circa cinquecento le persone uccise e infoibate nel 1943 in Istria, senza poter altresì smentire in alcun modo quanto, su quegli avvenimenti, ebbe ad affermare il PC croato già nel settembre del 1944. "La reazione - si legge nella dichiarazione dei comunisti croati diramata il 29/9/44 - cercherà di sfruttare ancora le foibe affermando che allora si tentò di distruggere gli italiani dell'Istria e che quella fu la manifestazione di uno sciovinismo croato. Noi sappiamo benissimo che nelle foibe finirono non solo gli sfruttatori e assassini fascisti italiani, ma anche i traditori del popolo croato, i fascisti ustascia e i degenerati cetnici. Le foibe non furono che l'espressione dell'odio popolare compresso in decenni di oppressione e di sfruttamento, che esplose con la caratteristica violenza delle insurrezioni di popolo''.
Una oppressione e uno sfruttamento fatti di crimini e atrocità che ancora e fino alla fine del II conflitto mondiale dovranno subire le popolazioni di quelle regioni da parte dell'esercito nazista, delle SS, dei fascisti della "Rsi'' e dei reazionari slavi.
Immediatamente dopo l'8 settembre 1943 l'esercito tedesco puntò ad assumere direttamente il controllo delle zone precedentemente occupate dall'Italia. La costituzione il 1° ottobre 1943 della "Zona d'Operazione Litorale Adriatico'' coincise con lo scatenamento di una brutale controffensiva nazista. Il comando della zona d'operazione fu affidato a Friedrich Reiner, mentre a capo delle SS e della polizia venne nominato il generale Globocnik, criminale nazista già responsabile dello sterminio di due milioni di ebrei polacchi. Fu questo uno dei momenti più tragici e sanguinosi del conflitto contrassegnato dalla violenta offensiva militare degli invasori nazisti e dalla loro ferocia repressiva attuata con l'attiva partecipazione dei fascisti italiani riaggregati nella "repubblica di Salò'', degli ustascia e dei cetnici a cui si aggregarono anche migliaia di cosacchi e caucasici, bande di traditori e di controrivoluzionari alleate dei nazisti nella guerra contro l'Urss di Stalin, e che ora erano in fuga dopo essere stati sbaragliati dall'Armata Rossa sovietica. Innumerevoli furono le devastazioni e i saccheggi di paesi e villaggi, le distruzioni delle risorse economiche e del territorio, le torture e gli eccidi ai danni della popolazione civile, gli stupri contro donne e ragazze, per finire con i rastrellamenti e le deportazioni per lo più senza ritorno, nei campi di prigionia e nei lager, tra cui la Risiera di San Sabba a Trieste, tragico simbolo in Italia della barbarie nazifascista.

La Resistenza antifascista italo-slava

Ciò che permise di sconfiggere tutto questo fu la lotta comune del proletariato e delle masse popolari italiane e slave, l'azione congiunta della Resistenza antifascista italo-slava, il valore e l'eroismo dei combattenti delle Brigate Partigiane italiane e dell'Esercito Popolare di Liberazione jugoslavo, caduti a migliaia nella lotta di Liberazione, il cui spirito di sacrificio e i cui meriti rimarranno scolpiti per sempre nel cuore e nella memoria del proletariato e delle masse popolari antifasciste italiane e delle nazioni slave.
Le principali forze e organizzazioni combattenti in queste regioni furono in campo jugoslavo il VII e IX Corpus sloveno e la IV Armata dell'EPLJ e in campo italiano: le Divisioni Garibaldi-Friuli e Garibaldi-Natisone, i Gruppi di Azione Partigiana (GAP) operanti in Friuli ed a Trieste, Monfalcone e Muggia. Nel corso del 1944 nacquero inoltre formazioni partigiane formate da combattenti cattolici, del Partito d'Azione e da reduci della divisione alpina Julia; nell'aprile del 1944 alcune centinaia di militari italiani formarono nell'area delle province di Gorizia e Trieste il battaglione triestino del Carso che dopo un accordo raggiunto con le Divisioni Garibaldi e il IX Corpus sloveno formerà la Brigata Garibaldi Trieste; in Slovenia dal dicembre 1944 è attiva alle dipendenze del VII Corpus la Brigata Fratelli Fontanat composta da circa 750 uomini in prevalenza operai dei cantieri navali, studenti e militari; mentre in Istria agiscono dall'aprile 1944 il Battaglione Alma Vivoda e il Battaglione Pino Budicin inquadrato nella brigata croata "Vladimir Gortan''.
Furono queste forze e questi combattenti che ottennero la vittoria nella lotta di Liberazione contro il nazifascismo, affrancando i territori occupati. Tra la fine di aprile ed il 1° Maggio 1945 i partigiani liberarono Udine e tutto il Friuli e il 1° Maggio entrarono vittoriosi in Trieste il IX Corpus sloveno e la IV Armata jugoslava.
Il periodo che va dal 2 maggio al 12 giugno 1945 vede sui territori della Venezia-Giulia e dell'Istria la presenza militare delle truppe degli Alleati e quelle dell'Eplj e sul piano politico la rivendicazione dell'Avnoj (Consiglio antifascista di liberazione jugoslavo) di quei territori come parte integrante della Jugoslavia - dove era ormai consolidato sul piano della volontà popolare il processo rivoluzionario che porterà alla costituzione della Repubblica Popolare Federativa di Jugoslavia (Rpfj).
Una rivendicazione che, come precedentemente detto, era già stata esplicitata all'indomani dell'8 settembre '43. L'abbandono del principio del diritto all'autodecisione aveva generato contrasti, anche seri, nelle relazioni tra comunisti italiani e jugoslavi in un momento peraltro cruciale della lotta di liberazione.
Contrasti ricomposti, anche se non in maniera definitiva, con gli accordi intervenuti il 4 aprile e il 7 maggio 1943, che stabilivano la necessità della comune lotta contro il nazifascismo e la soluzione delle problematiche politiche inerenti ai confini e ai rapporti statali alla conclusione del conflitto. Una posizione questa condivisa dal Movimento comunista internazionale. Ancora nel gennaio del 1945 il PCJ rivendicò l'annessione di Trieste, dei territori slavi e delle zone miste alla Jugoslavia in un incontro che Hebrang - membro dell'Up del PCJ e del Comitato di Liberazione Nazionale Jugoslavo - ebbe a Mosca con Stalin e Molotov soprattutto per concordare forme di aiuto economico e militare dell'Urss alla Jugoslavia. In quell'occasione i dirigenti sovietici ribadirono a Hebrang che tale questione poteva trovare soluzione solo sul piano politico-diplomatico sulla base della volontà espressa dalle popolazioni coinvolte nel problema e non sulla base di azioni di forza unilaterali.

La questione delle foibe e la nascita della nuova Jugoslavia
Fu proprio nei giorni precedenti gli accordi del 12 giugno tra il governo jugoslavo e gli alleati che stabilirono per la cosiddetta "zona A'' (Trieste Gorizia e Pola) l'amministrazione "alleata'' e il controllo della "zona B'' (la parte restante della regione, l'Istria e Fiume) alla Jugoslavia, che si acutizzò lo scontro delle forze ostili al nuovo governo rivoluzionario nel tentativo di mettere in discussione la nascita della nuova Jugoslavia proprio mentre si insediavano e cominciavano a operare le nuove istituzioni del paese. E fu questo il momento in cui i fascisti, i nazisti, i collaborazionisti di ogni sorta e i controrivoluzionari jugoslavi, dovettero assumersi la piena responsabilità della loro politica e delle loro azioni. In questa azione di giustizia tanto necessaria quanto difficile, saranno sicuramente stati emessi verdetti errati per alcune persone così come si saranno verificati casi di vendette personali; ma questo non può assolutamente costituire un fattore di alterazione e di falsificazione di quegli avvenimenti.
Vi è una connessione stretta e ineludibile, un filo conduttore che lega particolari e contingenti avvenimenti quali le foibe, la detenzione dei prigionieri di guerra, il cosiddetto esodo degli italiani d'Istria, alla politica fascista della snazionalizzazione, all'aggressione nazifascista della Jugoslavia, all'occupazione militare italiana, all'attività nazista nel "Litorale Adriatico'', alla persecuzione antifascista e antiebraica.
è necessario quindi ribadire con forza verità e responsabilità sugli avvenimenti di quegli anni, fuori dall'ottica delle falsità prodotte dalla propaganda fascista sia sul piano quantitativo (il numero dei morti ritrovati nelle foibe) che su quello storico, e dentro, invece, allo sviluppo organico della politica nazifascista.
Sul piano dei rapporti fra Stati, l'Italia ha disatteso alla salvaguardia dei diritti della minoranza slava e l'Italia ha fatto carta straccia del Trattato di Rapallo attaccando la Jugoslavia nel 1941 e annettendosi i territori della "provincia di Lubjana''. Sul piano della responsabilità politica, la snazionalizzazione delle popolazioni slave, l'invasione e lo smembramento di un intero Stato, l'oppressione sanguinaria delle popolazioni civili sono alla base della rivolta e della richiesta di giustizia delle masse popolari italiane, slovene e croate. Sul piano della verità, le foibe non rappresentano affatto il simbolo del genocidio della popolazione italiana e dell'odio antiitaliano. Non ci fu nessuno sterminio etnico contro gli italiani, ma una comune rivolta contro gli aguzzini fascisti, nazisti, ustascia e collaborazionisti macchiatisi di ogni sorta di crimini.
Una lotta di Liberazione contro la barbarie nazifascista e per la riappropriazione della libertà e dell'indipendenza nazionale. E l'esempio principale è dato proprio dalla lotta unitaria dei diversi popoli, dalla lotta unitaria delle diverse organizzazioni e formazioni partigiane, dall'aiuto generoso dato dalle popolazioni slave a migliaia di soldati italiani in rotta dopo l'8 settembre 1943 e braccati dai loro ex alleati tedeschi. Soldati che erano invasori ma che devono la loro salvezza e la loro libertà al popolo jugoslavo e a quanti mettendo a repentaglio la loro stessa vita, li hanno sottratti alla vendetta nazista.

sabato 10 gennaio 2009

Auguri alternativi di Natale - Ahmadinejad su Channel4

Ahmadinejad, ospitato dall'emittente britannica, nel suo augurio di Natale dice:
"se Gesù fosse sulla terra oggi, indubbiamente starebbe a fianco delle persone che si oppongono alle potenze aggressive, violente ed espansioniste.
se gesù fosse sulla terra oggi, indubbiamente innalzerebbe la bandiera della giustizia e dell'amore per l'umanità per opporsi ai guerrafondai, ai terroristi, agli occupanti e ai prepotenti di tutto il mondo.
se cristo fosse sulla terra oggi, indubbiamente combatterebbe contro le politiche tiranniche del sistema globale, economico e politico prevalente.
Egli lo fece durante la sua vita.
Oggi la volontà delle nazioni è la richiesta di un cambiamento fondamentale. Questo cambiamento sta avvenendo ora. La responsabilità di tutti i seguaci di Cristo e delle fedi Abramite è preparare la strada per il compimento di questa promessa divina e l'arrivo di quella età di gioia splendore e meraviglia"

Stronzate!
Gesù non era un rivoluzionario, non si oppose al colonialismo dell'impero romano nalla tirannia della classe dominante. Quando i farisei chiesero a Gesù se fosse giusto pagare le tasse ai romani, Gesù non rispose che Roma era un impero "aggressivo, violento ed espansionista" che andava abbattuto affinchè la giustizia divina trionfasse nel mondo, ma disse "date a cesare quel che è di cesare"; Gesù non disse "beati i poveri perché è vicina l'ora della riscossa" ma che loro è il regno del padre suo ecc.; Gesù non prometteva il sol dell'avvenire in terra ma in cielo e tranquillizava Pilato del fatto che il suo regno non fosse di questo mondo.
Gesù era un tonico per la povertà, non uno strumento contro l'oppressione e l'ingiustizia, ma uno strumento per sopportare l'oppressione e l'ingiustizia.
Era il profeta degli schiavi, dei "chandala", di un popolo addomesticato al servaggio e all'accettazione della propria condizione, non all'emancipazione, il profeta della consolazione e della rassegnazione in vista di una giustizia divina in un altro tempo, in un altro mondo, in un'altra vita.


La rivoluzione è un'altra cosa.



Ma allora *chi è* il gesù di A.?

E' il cristo che esiste solo nella mente dei cattocomunisti, della sinistra proto-spiritualista, del cristianesimo laico-umanista, di coloro che citano con solennità le frasi di Pasolini, che si commuovono dinnanzi al cristo-uomo di de Andrè e alle letture della Divina Commedia di Benigni.
Questo Cristo rivoluzionario che si oppone alle ingiustizie, alla prepotenza dei potenti, all'impero e allo sfruttamento, questo Che Guevara dell'antica galielea è un' invenzione dell'immaginazione francescana di certa sinistra.

Appurato che se Gesù vivesse oggi non combatterebbe nè contro gli Usa nè contro la nike, ma al massimo caccerebbe i venditori di miglio per i piccioni a Città del Vaticano, rimangono due riflessioni.



*Perché Ahmadinejad evoca un siffatto cristo?*

Con queste affermazioni Ahmadinejad strizza palesemente l'occhio alla sinistra europea anticapitalista.
Dice quello di cui ogni cattomunista è fermamente convinto, per non parlare di tutta la "ggggente di sinistra" , non comunista, che subisce il fascino romantico di questo cristo mitologico, nemesi dei deboli e dei diseredati.
E anche io, pur non essendo cristiana neanche lontanamente, mi augurerei di sentire espresso un simile pensiero da uno dei politici che pretende di rappresentarmi, piuttosto che una citazione di Ghandi o una difesa oltranzista della "Missione" di Luxuria all'Isola.

Quindi dovremmo concludere, che alfine Ahmadinejad è un modello per la "sinistra radicale" europea, nella sua strenue resistenza all'imperialismo giudo-americano?

Neanche per sogno!
La repubblica Islamica si è abbeverata del sangue dei compagni, falciati dalla repressione degli anni ottanta in quello che fu una mattanza, un vero e proprio genocidio politico di comunisti.
E Ahmadinejad sta soltando continuando il lavoro, perseguitando chiunque si opponga al regime, dai compagni marxisti nelle università, ai lavoratori nelle fabbriche, agli attivisti per i diritti umani, ai sindacalisti, ai giornalisti e agli insegnanti che sostengono la causa degli sfruttati dal capitale.
Se il Gesù paladino della giustizia dei popoli tornasse sul pianeta, non risparmiebbe chi fa impiccare sedicenni per sodomia più di quando non farebbe con bush e con i leader spirituali delle stramaledette religioni abramite.
Quella di A. è la solita guerra aperta tra le classi dominanti dei paesi più ricchi per l'egemonia economica e Mamhoud è evidentemente alla ricerca di supporters in Europa. Ma il suo è solo un bieco regime fascista, per giunta legato ai miti dell'arianesimo...in fondo il nazifascismo è costellato di oppositori della "plutocrazia giudaica rappresentata dalle democrazie occidentali".

*La trappola*

Paradossalmente dopo queste dichiarazioni, si è scatentato l'inferno. La repubblica e Il giornale parlano di "auguri antisemiti", il ministero degli Esteri britannico e l'ambasciata Israeliana accusano il presidente iraniano di "dichiarazioni antisemite spaventose", ammonendo i media britannici che "sono liberi e hanno tutto il diritto di fare le proprie scelte editoriali, ma questa scelta suscita indignazione non solo da noi ma anche nei Paesi a noi vicini".
Quanto basta per rafforzare la posizione di Ahmadinejad come beniamino della sinistra antagonista all'impero, che a sua volta con le sue dichiarazioni legittima un consolidamento dell'altra parte politica che si prodica nella difesa oltranzista di Israele e propone l'equivalenza tra comunisti e islamici.
E' una commedia dell'assurdo che mostra soltanto come l'imperialismo e il fondamentalismo islamico siano due facce dello stesso sistema, e che tutto il sostegno dato all'uno si traduce necessariamente e immediatamente nel rafforzamento dell'altro.

L'unica nota positiva è che finalmente quando qualcuno parla di "potenze aggressive, violente ed espansioniste" e guerrafondai, occupanti, terroristi e prepotenti, Israele si senta prontamente chiamato in causa.
Plaudiamo a questa presa di coscienza tardiva.



*Appendice*


Predicar bene e razzolare male

Il nostro campione di giustizia dei popoli e di anti-imperialismo, anti-prepotenza, anti-oppressione, da più di un anno ha avviato una persecuzione di massa contro il movimento studentesco Marxista.
L'anno scorso, in occasione della giornata dello studente, il 4 Dicembre, più di 70 studenti sono stati arrestati, rapiti o semplicemente scomparsi nel nulla per giorni, detenuti a Evin senza assistenza legale, senza alcuna comunicazione alle famiglie, torturati, costretti a confessare falsi reati davanti a una telcamera, solo per aver organizzato una manifestazione in cui gridavano "NO AL REGIME E NO ALL'IMPERIALISMO DEGLI USA". Successivamente, in seguito a molte altre manifestazioni scoppiate per i bassi salari e per l'aumento del prezzo dei cereali, altri studenti e lavoratori sono stati trascinati nelle camere di tortura di Evin e delle altre prigioni iraniane, con nessun riguardo per il rispetto dei diritti umani basilari. Molti compagni, seppur scarcerati sotto cauzione, sono ancora sotto processo, processi arbitrari basati sulle confessioni estorte con la tortura.

E nuovamente il 7 Dicembre di quest'anno, altre proteste studentesche sono esplose nelle università di tutto l'Iran . Sul momento gli studenti sono riusciti a bloccare la repressione degli agenti di sicurezza, ma nei giorni successivi sono scattati gli arresti e gli interrogatori.
Attualmente il numero degli studenti arrestati è salito a 35, secondo i dati forniti dal WPI, Worker-Communist Party of Iran.

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Clara Statello

sabato 20 dicembre 2008

Non si può morire per una scarpa

"Due secoli fa si teorizzava che la penna potesse far più male della spada o della pistola. Il che è vero. Ora bisogna riconoscere che una scarpa lanciata ad altezza giusta (e abilmente schivata) può davvero distruggere ogni residua parvenza di credibilità di una guerra sbagliata, cominciata per rafforzare una amministrazione sull'orlo del fallimento, sulla base di informazioni false e create ad arte.

La scarpa gettata contro Bush da Muntafer Al Zaidi, reporter del canale iracheno Al Baghdadia, rappresenta un gesto simbolico, per quanto violento e certo non condivisibile, di un popolo che continua a vivere la tragedia di una occupazione militare oppressiva e senza senso, il dramma di una nazione che è scivolata direttamente dalla dittatura di Saddam al controllo delle truppe angloamericane. Ora, però, accade che, mentre il presidente americano per fortuna uscente ammette l'errore di una guerra assurda, il governo fantoccio di Bagdad accusa Al Zaidi di "terrorismo", reato per il quale c'è in Iraq la pena di morte. D'altra parte il giornalista, che era regolarmente accreditato alla conferenza stampa, è stato pestato a sangue dai G men americani e dalla polizia, gettato in una prigione e accusato di nefandezze indicibili. Ora rischia grosso, nonostante dalla società irachena giungano appelli ripetuti per salvargli la vita tanto che manifestazioni in questo senso si sono svolte in diverse città del paese. La Federazione Internazionale dei Giornalisti, con sede a Bruxelles, ha invitato i colleghi di tutto il mondo ad evitare di manifestare in modo così forte il proprio dissenso. D'altra parte la penna (oppure il pc, la video camera, ecc.) rappresentano strumenti efficaci, comunque propri della professione. Ma la Ifj ha anche rivolto un appello alle istituzioni internazionali ed ai governi iracheno e degli Stati Uniti per salvare Al Zaidi. Anche noi riteniamo che la pena debba essere proporzionale al danno arrecato, minimo per Bush almeno dal punto di vista fisico. Per questo aderiamo all'appello. "

Fonte: articolo21.info

Recentemente la situazione irachena è stata resa ancora più intricata da alcune incursioni turche nel nord del Paese, giustificate dall'asilo offerto dai Curdi iracheni a membri di organizzazioni (come il PKK) che sarebbero responsabili di atti terroristici in Turchia.

I costi umani della guerra non sono chiari: l'unico numero noto con una certa precisione è quello delle perdite della coalizione (4.188 morti ed oltre 28.000 feriti fino al 1 dicembre 2007), mentre per le perdite irachene si va dai circa 30.000 morti cui ha accennato il presidente Bush in un discorso del dicembre 2005, ai circa 650.000 stimati in uno studio apparso nell'ottobre 2006 sulla rivista medica Lancet.

Fonte: wikipedia

sabato 13 dicembre 2008

12 dicembre: le ragioni di uno sciopero

"La crisi si può e si deve affrontare con misure adeguate che tutelino diritti e il valore del lavoro. Questo il messaggio al centro dello sciopero generale di domani. Una crisi così devastante deve essere affrontata con interventi all’altezza sul versante produttivo, dei consumi, della tutela dell’occupazione ma anche programmando in positivo come se ne uscirà. Per questo servono politiche anticrisi ed anticicliche con al centro due valori fondamentali che devono essere chiaramente percepiti: giustizia sociale e fiducia nel futuro.
Il Governo non lo sta facendo. Ha presentato un decreto assolutamente insufficiente nelle quantità, sbagliato nelle modalità e che chiaramente non pensa alla prospettiva.
La CGIL ha avanzato precise proposte nella piattaforma del 5 novembre .
Molti commentatori condividono queste proposte, ma contemporaneamente affermano che lo sciopero è sbagliato perché riguarda solo i garantiti; o perché non si sciopera durante una crisi così grave.
Spesso sono gli stessi che ideologizzavano il valore della deregolazione del lavoro che ha portato a questo livello di precarietà, o che, lodando il metodo di coesione di altri paesi e ricordando che durante una crisi così grave serve unità di intenti, non parlano di un governo che adotta provvedimenti sbagliati senza discuterli, senza tenere conto delle proposte avanzate."

Fonte: articolo21.info

Era presente nel corteo anche la grande onda degli studenti per dire no al progetto di distruzione della scuola e dell'universita' pubblica di Tremonti e della Gelmini e per dare solidarieta' al movimento studentesco greco democratico e non violento che in questi giorni chiede come noi risposte alla un'emergenza di futuro.

lunedì 1 dicembre 2008

Norme anticrisi ad personam

Ci risiamo. Ancora una volta il nostro Premier sfrutta un momento di paura generale per riempirsi sempre di più le tasche.
In tutta Europa i governi si adoperano a cercare le misure migliori per uscire da questa crisi, e cercano di rassicurare il più possibile la popolazione... in Italia invece si approfitta del periodo buio per continuare una politica fascista, in cui leggi salva Premier, e salva-crisi-del-Premier sono all'ordine del giorno.
Tralascerei le parole di conforto del nostro presidente operaio "per uscire dalla crisi bisogna consumare di più"... ma come, proprio lui che è operaio non sa che per consumare servono soldi che non abbiamo?!se consideriamo poi che gran parte dei precari non avrà un lavoro per Natale, e i lavoratori assunti sono in cassa integrazione...
Altra presa in giro è l'elemosina che alcune famiglie riceveranno (30 euro in media per famiglie povere con figli a carico, circa 15 euro per pensionati soli...milioni spesi dallo Stato per un beneficio che effettivamente sarà di pochi centesimi per ogni famiglia, poichè gli aumenti dei prezzi annulleranno la mancetta data dal governo) come se bastasse dare un contentino per aiutare le persone più in difficoltà.
Ma due sono le norme anticrisi che han fatto più discutere: la prima riguarda l'ambiente. Dopo aver snobbato altamente le regole decise dal protocollo di Kyoto (poichè l'Italia risulta una delle nazioni più inquinate e soprattutto non c'è intenzione di mettersi in regola con i livelli di smog stabiliti), il Premier decide di negare gli incentivi statali per quelle aziende che nel corso dell'anno si sono impegnate a diminuire i livelli di smog e hanno investito (e vorrebbero investire) per migliorare l'ambiente e produrre meno rifiuti tossici.
Ricordiamo che tutto il resto dell'Europa sta facendo l'esatto contrario per tentare di superare la crisi.
E ancora, controcorrente rispetto agli altri Paesi, in Italia aumenterà l'iva su alcuni prodotti, in particolare sulla Pay tv (Sky). Qualcuno dall'opposizione si è lamentato (almeno questo!!) del fatto che questa norma favorirà la diretta concorrente tv a pagamento (Mediaset Premium) che, guarda caso, è di proprietà, come tante altre aziende, del nostro disinteressato Silvio Berlusconi. La risposta del Premier non si è fatta attendere "Mediaset non è diretta concorrente di Sky, dal momento che i segnali viaggiano su sistemi diversi di telecomunicazione"; ennesima presa in giro, anche se il segnale arriva in maniera differente, non ci vuole molto a capire che la famiglia abituata ad un certo livello di programmi televisivi, sceglierà, per risparmiare, di abbandonare la più nota tv a pagamento per trasferirsi su Mediaset Premium.
Non stiamo certo cercando di tutelare la tv a pagamento, ma vorremmo porre l'attenzione sulla presa in giro nei confronti del consumatore, e sull'ennesima legge ad-personam, creata solo per tutelare i suoi interessi personali.
Prive di effetti concreti saranno anche le norme sui mutui a tasso variabile, almeno secondo Adusbef e Federconsumatori: "Nel 2009 il tasso si assesterà sicuramente a percentuali inferiori al 4%, probabilmente dal 3 al 3,5%, rendendo così inutile e propagandistica la norma contenuta nel decreto" che accolla allo Stato le spese nel caso si superi il 4%.
E' un piano anticrisi che, secondo la tradizione berlusconiana, è inconsistente e a trarne beneficio non saranno i lavoratori comuni, ma i ricchi imprenditori che potranno continuare a guadagnare nelle loro attività, non colpite dalla crisi, che procederanno sempre meglio per la diminuzione dei costi dei prodotti. Ancora una volta qualcuno si arricchisce sulle spalle dei cittadini.

sabato 29 novembre 2008

Social Card. Non solo poveri, ma anche umiliati

"La Social Card annovera un illustre precedente - quasi centenario. Prende esempio dal "Food Stamps Programm americano del '39" - così riferisce il Ministro Tremonti, che, assicura, sarà anonima. Insomma, cari "poveri beneficiari" - di cotanta grazia, 40 euro al mese -, ultra sessantacinquenni e famiglie con un figlio sotto i tre anni che rientrate nei parametri Isee, state (si fa per dire) tranquilli - non sarete schedati, come i bimbi rom. Nessun censimento dei poveri italiani - così dicono. Niente impronte digitali impresse sulla Social Card, ma ... (c'è sempre un ma) - attenzione! - il Titolare deve firmarla nell'apposito spazio sul retro, ed esibire un valido documento di riconoscimento su richiesta degli esercizi commerciali convenzionati - che, secondo il ministero dell'Economia, ad oggi, sono pari al 5% del totale.

Se andiamo sul sito del Ministero dell'Economia e delle Finanze e leggiamo l'informativa sull'utilizzo della "carta acquisti, beneficiario con 65 anni o più":
http://www.mef.gov.it/carta_acquisti/anziani/doc/Modulo%20di%20richiesta%20maggiori%2065%20anni.pdf
al punto 3, troviamo scritto: "... La Carta deve essere usata esclusivamente dal Titolare e non può essere ceduta o data a terzi. Il Titolare è tenuto ad apporre la propria firma nell'apposito spazio sul retro della Carta all'atto della ricezione della stessa ..."."
Ed ancora, al punto 9: " ... Per l'utilizzo della Carta presso gli esercizi commerciali convenzionati è invece richiesta l'apposizione sulla ricevuta emessa dal POS della firma del Titolare, conforme a quella apposta dallo stesso sul retro della Carta. Gli esercizi commerciali potranno richiedere al Titolare l'esibizione di un valido documento di riconoscimento".

Fonte: articolo21.info

Social Card? NO, GRAZIE! E' più importante la dignità di una persona che la sua palese indigenza messa alla gogna da un pezzo di carta.

martedì 25 novembre 2008

25/11 Giornata mondiale contro la violenza sulle donne

È un dramma che si consuma, il più delle volte, tra le mura domestiche, che ha il volto del marito, oppure del collega, del vicino di casa, dell’amico o di un parente. Le donne tra i 15 e i 49 anni vittime di violenza, sono in tutto il mondo, circa 1,7 miliardi. Nel nostro Paese, secondo dati Istat del 2007, sarebbero 6 milioni 743 mila (dati elaborati da un campione di 25mila donne di età compresa tra i 16 e i 70 anni). Giovani e non che nel corso della loro vita hanno subìto violenza fisica, sessuale, psicologica.
A loro è dedicata, martedì 25 novembre, la “Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Il Corriere riporta che

le donne che si rivolgono ai centri antiviolenza hanno tra i 28 e i 47 anni (30,6%), sono sposate (56,2%), di nazionalità italiana (77,3%) e vengono maltrattate prevalentemente dal marito (75,1%). Tra i 16 e i 60 anni, quattro su dieci, hanno subito una violenza, fisica, psicologica o sessuale. Ma appena il 3% ha denunciato il partner

La sociologa Sonia Stefanizzi spiega che

"In Lombardia tre donne su quattro subiscono violenza dal marito-compagno ma lo tutelano, per proteggere la famiglia [...] accanto alle donne emancipate ci sono le straniere vulnerabili, perché prive di una rete sociale; le coppie miste, indicatore di modernizzazione ma insieme amplificatore di conflitti; la violenza dei figli sui genitori e quella dei giovanissimi sulle coetanee per effetto del consumo di cocaina e alcol nei fine settimana. Infine le finte violenze, quelle di giovani donne che hanno rapporti non protetti e per paura dicono a casa di essere state stuprate"

Nel 2007, in Italia sono state uccise 122 donne (due solo nell'ultima settimana, a Verona e Trento) e Daniela Gregorio dell'Irer spiega che

"La violenza è la prima causa di morte o invalidità permanente nelle donne dai 14 ai 50 anni, più del cancro e degli incidenti sociali"

Ma, appurato che i dati sono allarmanti, forse è il caso di rimboccarsi le maniche e fare qualcosa. E spingere le istituzioni a farlo.

Paola Caio, presidente dell'Associazione Italiana Vittime della Violenza, ha dichiarato ad Affaritaliani

"Servono le Istituzioni: è necessario che la piaga della violenza venga estirpata con l'aiuto di chi può far qualcosa di concreto per tutelare le vittime. Quando una donna fa una denuncia, l'aiuto deve arrivare immediato: non si può aspettare di valutare 'con calma' quando, come e quanto questa persona è, o è stata, picchiata. I soccorsi devono giungere subito. Le pene per i colpevoli devono essere inasprite. Chi si macchia di un reato che ha a che vedere con la violenza, deve essere rinchiuso sino a quando non comporta più un pericolo per la Società"

Il problema non è tanto la mancata denuncia, è la non certezza della pena.

sabato 22 novembre 2008

Dalle parole ai fatti, violenza squadrista anche in rete

"Improvvisamente i simpatici video dei 99 fosse, gruppo demenziale di ispirazione neo-nazista, sono scomparsi dal circuito di youtube. Probabilmente la persona che li aveva caricati non ha molto gradito l’articolo di denuncia apparso ieri sul sito di Repubblica, in apertura, né tanto meno ha gradito le minacce avanzate da Leone Paserman, presidente della Fondazione museo della Shoah, che ha invece espresso l’intenzione di segnalare la cosa alla polizia postale. Meglio occultare. Peccato che le tracce in rete rimangano.
Naturalmente non si fa attendere la risposta degli iscritti al forum di Storm Front Italia. Dopo aver riportato per intero i testo dell’articolo, Once Where White Warriors ( questo il nome dell’utente) procede all’analisi mettendo in evidenza, come, a suo avviso, più che un attacco al gruppo neo-nazista, si tratti di un attacco alla libertà della rete.
Vita non facile per gli esponenti musicali che negano l’olocausto, incitano all’odio razziale ( seppure in termini demenziali). Probabilmente nell’ultimo periodo la loro presenza incomincia a diventare un po’ più ingombrante, incominciano a farsi sentire, anche in maniera poco ortodossa, producono libri, cd musicali, hanno forum in internet anche molto frequentati, siti, blog… scrivono sui muri, e non hanno paura di dichiararsi apertamente fascisti o di inneggiare al duce o a Hitler. A poco servono allora le dichiarazioni di biasimo che provengono dal mondo istituzionale quando alle parole non seguono i fatti, nello specifico la condanna tramite applicazione della Legge Scelba; a poco o a nulla un eventuale e più serrato controllo della rete, giacchè esistono anche dei sistemi collaudati per aggirare i controlli, e, in ogni caso, ( tanto per tranquillizzare l’utente del forum di cui sopra) non è limitando la libertà in rete che si contengono tali fenomeni, ma interrogandosi piuttosto sugli errori fatti, che sono soprattutto errori istituzionali.
Non si discute sulla gravità di un messaggio dichiaratemnte revisionista, ma allo stesso modo non si può soprassedere sulla violenza squadrista che, da qualche tempo a questa parte, ha ricominciato a manifestarsi a danno di immigrati, “diversi”, o ( per usare il loro linguaggio) “zecche comuniste”.
E se qualcuno ha ancora voglia di parlare di ragazzate, forse sarà il caso che vada a parlare con quei ragazzi finiti in ospedale…
Potrebbe cambiare idea."

Fonte: articolo21.info

La realtà che ci sta circondando... purtroppo!

venerdì 21 novembre 2008

La guerra NON è finita



Partiranno lunedì prossimo dalla base bresciana di Ghedi i quattro aerei Tornado dell'Aeronautica destinati a rinpolpare lo schieramento militare italiano in Afghanistan. I velivoli aterreranno prima a Mazar-hi-Sharif, poi verranno spostati ad Herat, dov'è dislcocato il grosso del contingente italiano. Ieri intanto la Camera dei deputati ha dato il via libera al rifinanziamento delle missioni italiane all'estero fino al 31 dicembre 2008. Con 494 sì, 15 astenuti e un solo voto contrario, l'assemblea ha approvato anche l'invio di 40 osservatori in Georgia. Sentiamo il servizio con Walter Saresini del Gruppo Pace del Brescia social forum

sabato 8 novembre 2008

Obama è “bello, di successo e ben abbronzato!”

Obama è “bello, di successo e ben abbronzato!” E’ la traduzione della frase di Berlusconi fatta al presidente Medvedev dal simultaneista durante la conferenza stampa congiunta a Mosca. Sorride il presidente del consiglio, sorride il leader del Cremlino. Fuori – imbarazzo dei giornalisti, imbarazzo degli addetti ai lavori...Cosa dire?
Berlusconi e’ un burlone. Purtroppo – dicono i giornalisti russi – a Mosca sono abituati alle battute di Silvio. Poi, nella lingua russa il termine detestabile è negr cioè nigger. Quindi, nessun problema. Soprattutto perché per la prima volta un leader occidentale si schiera con l’intervento di Mosca in Georgia. E per questa quasi legittimazione – si può sorpassare sul politically correct. Quindi, il fatto non sussiste. In realtà la battuta di Berlusoni costerà molto all’immagine internazionale della Russia. Lo dice una fonte vicina al MID, ministero degli esteri. Chiede ovviamente di non essere citata. Perche’ intanto si aspetta l’uscita dei giornali americani. L’analisi è questa: il giovane presidente russo passa per un ignorante. I rapporti tra gli Stati Uniti e la Russia alla vigilia delle elezioni sono pessimi… Sono stati vanificati gli sforzi della diplomazia di Mosca per alleviare gli effetti pesantissimi dell’intervento in Ossetia. E’ in più, agli americani è stata data una fantastica chance di accusare la Federazione russa di non aver fatto nulla contro i gruppi neonazisti che da ormai da diversi anni aggrediscono gli studenti africani che studiano in Russia. Insomma, un bell’inizio dei rapporti tra Mosca e Wasignton. Un disastro…
Non ci saranno le reazioni ufficiali – prosegue la fonte - Berlusconi è amico di Putin, ci sono di mezzo tanti troppi interessi – ma non si possono dire certe cose ai vertici. Non è una allegra cena tra buontemponi davanti ad un bicchiere di vino. In mezzo c’e’ la politica internazionale . E non e’ uno scherzo.

Fonte: articolo21.info

Che lo si voglia o meno, Berlusconi rappresenta l'Italia: dopo le recenti affermazioni siamo stati presi in giro da mezzo mondo. E' pagato con le nostre tasse anche per prendere decisioni importanti di politica internazionale e, quello che in molti chiedono, è un minimo di rispetto.