martedì 30 settembre 2008

relazione prima riunione CABB

Ricordiamo a tutti che stasera, MARTEDI 30 SETTEMBRE alle ore 20.30 alla Sede di Rifondazione Comunista a GHEDI si terrà la SECONDA RIUNIONE del coordinamento antifascista, dove si decideranno i primi passi concreti da compiere, e si troveranno soluzioni per l'autofinanziamento, la suddivisione dei compiti, i paesi da cui partire ecc.



___________________________________________________________
Relazione prima riunione
___________________________________________________________

Il 10 settembre 2008 si è tenuta la prima assemblea del coordinamento antifascista della bassa bresciana.
Erano presenti una trentina di persone, soprattutto dai paesi della bassa, che hanno discusso dei metodi piu' efficaci per combattere il neofascismo e il neonazismo, fenomeni sempre piu' presenti, soprattutto fra i giovanissimi, anche nella nostra provincia.
Abbiamo individuato qual è il vero problema da risolvere: quello che potremmo chiamare "fascismo da bar", fenomeno molto diffuso e pericoloso che porta a uno spostamento dei voti sempre piu' verso partiti di estrema destra.
I bar si riempiono di ragazzi che manifestano atteggiamenti fascisti e razzisti senza un'ideologia solida di fondo. Spessi sono ragazzini intolleranti che trovano "di moda" scambiarsi saluti romani e disegnare croci celtiche sui muri. Dalle iniziali "bravate" di ragazzini si passa, con l'incitamento degli amici, all'odio e a pensieri xenofobi e fascisti. Ovviamente partiti di estrema destra e movimenti simpatizzanti sono pronti ad attirare a sè questi ragazzi.
Le associazioni come Casa Pound o i partiti come Forza Nuova e Fiamma Tricolore sfruttano questo clima di paura dei ragazzi, influenzando i loro comportamenti. Inoltre dall'attuale governo (soprattutto dalla Lega) arrivano continui incitamenti impliciti ed espliciti alla reazione di massa contro coloro che ritengono i fautori della crisi (migranti, sinistra). I media influenzano notevolmente la percezione della massa sui fatti di cronaca, enfatizzando i reati commessi da stranieri, e denigrando certi partiti politici a discapito di altri. In questo modo deviano l'attenzione dai fatti gravi che avvengono nel nostro Paese.
Anche i singoli Comuni mantengono l'ordine con regole fasciste, come i divieti assurdi nei parchi (non mangiare, non bere, chiusure anticipate ecc.), le telecamere che osservano tutti i nostri movimenti, i controlli sempre piu' eccessivi soprattutto nei confronti dei cittadini stranieri. Le istituzioni, sia di sinistra che di destra, non fanno nulla per integrare le varie culture presenti sul territorio, né si stupiscono e condannano eventi razzisti e fascisti, come per esempio l'apertura di Casa Pound Brescia a Ghedi.
Il nuovo fascismo si organizza in associazioni e movimenti subdoli, che non hanno simboli riconducenti immediatamente al fascismo e al nazismo (come svastiche o croci celtiche), e presentando dei programmi che nei fatti sembrano simili a quelli di gruppi comunisti, ma nella sostanza partono da presupposti diversi e contrastanti. Per esempio sono contro le bombe atomiche, contro i mutui spropositati, lo strapotere delle banche, l'informazione di parte ecc.
Il nostro compito è far capire ai giovani la differenza fra i nostri e i loro progetti, e spiegare loro che in realtà questa associazioni non sono contro il sistema, ma serve dello stato, dei partiti che appoggiano.
Per fare cio' dobbiamo conoscere questi nuovi movimenti fascisti, controllare le loro mosse sul territorio e anticiparle.
Dobbiamo creare piu' strutture per accogliere i giovani, luoghi alternativi in cui vige l'uguaglianza, la tolleranza verso gli altri, il rispetto reciproco.
L'antifascismo si deve basare su un nuovo linguaggio, piu' diretto ai giovani e più appropriato ai tempi che corrono. I fascisti guadagnano consensi proprio perché sanno dare presunte risposte che sembrano reali ai problemi della società.
Allo stesso tempo bisogna tener viva la memoria, legata alla Resistenza contro il fascismo degli anni Quaranta. La Resistenza non deve essere ricordata come un evento passato, non deve essere una commemorazione, ma una sfida continua.
Dobbiamo pero' affermare che il fascismo del terzo millennio è diverso da quello mussoliniano: è presente nella società in maniera piu' nascosta, è nel capitalismo, nell'omofobia, nel razzismo, nello sfruttamento dei lavoratori, nella negazione della libertà e della privacy dell'individuo, nel rigorismo delle leggi, nell'incostituzionalità, nella corruzione dei politici che ci governano e in molte altre cose.

Nella prossima riunione, che si terrà martedì 30 settembre a Ghedi, cercheremo di individuare quali sono i primi passi da fare e organizzare il lavoro di squadra per colmare i problemi che un compito cosi importante comporta.
Ricordiamo a tutti i partecipanti che stiamo lottando per lo stesso fine, che la nostra non è politica a livello istituzionale, ma un'iniziativa che realizzeremo a livello pratico nelle piazze, nelle strade, nelle scuole, nelle sale consiliari…
Non stiamo lottando fra partiti politici o modi diversi di gestire l'ideale comunista, ma stiamo formando un coordinamento contro le intolleranze e gli sfruttamenti, in cui tutti collaborano secondo i propri mezzi e i propri interessi.

domenica 21 settembre 2008

Milano, 50mila contro il razzismo. Gli amici di Abba prendono la città.

Sono andati, si sono presi il corteo, l'hanno portato per le vie del centro e poi da soli, cosi' come erano venuti, sono andati in via Zuretti. Dove tutto e’ finito ed e’ cominciato. Dove Abba e' morto, ammazzato. Saranno stati un centinaio all'inizio, ragazzi italiani-neri, G2, figli di immigrati e migranti, e con loro pochi altri. 18,19, 20 anni non di piu’. Una grande rabbia in corpo. Contro tutti. Non volevano stare nei ranghi del corteo. Non volevano rompere niente e nessuno, solo gridare, bloccare il traffico, correre avanti e indietro, come delle molle. Poi seduti a ripetere gli slogan: ‘Cosa vogliamo raga per Abba?’, ‘Giustizia’. E poi: ‘Vergogna’, ‘Basta razzismo’. Un grido e partivano. Le magliette con la faccia di Abba, disegnata o fotografata. Un cartello per tutti, tenuto in alto da un ragazzo con una maglia dell'Inter, come quella di Balotelli: ‘Fiero nero, Abba vive’. Pantaloni e occhiali griffati. Orecchini coi brillantini. Tali e quali ai loro coetanei allo struscio delle vetrine. Ma "c'est la banlieue". Quella di tanti Abba che scendono di sabato pomeriggio in centro, che la traversano di notte e che all'alba possono trovarsi per terra in una pozza di sangue se incontrano i tipi sbagliati. "C'est la banlieue" milanese, urlata, incazzata, incomprensibile per quei "nonni" da corteo che cercano prima di contenerli, assecondandoli (state pure in testa, ma davanti vi facciamo un cordone per distanziarvi dalla polizia). Niente da fare.
Nemmeno per qualche "capo" della comunita' migrante. Con lui ci litigano pure. Tempo dieci minuti e questi ragazzi, questi italiani-neri, rompono le righe della sinistra. Vanno a prendersi San Babila, poi corso Vittorio Emanuele, Piazza Duomo e quando si trovano un cordone di polizia davanti in un "tratto non autorizzato" lo sfondano. Di corsa. D'impeto. Un paio di manganellate e via. La polizia difende Palazzo Marino, Il Comune. Loro non sanno nemmeno cos'e'. Non gliene fotte niente del Palazzo. Il fiume disorganizzato sa dove andare. Qualche calcio ad auto e motorino per passare. Qualche ruvidezza. Ma via, via. Senza bisogno di riot. Fino in via Zuretti. Da soli.
Da ieri a Milano e' successo qualcosa. Per chi vorra' capire. Per chi vorra' ascoltare. E' successo che un centinaio di ragazzi si sono presi il loro tempo, l'hanno battuto. Infischiandosene di tutto e tutti. A modo loro. Il corteo li lascia fare. Non potrebbe essere altrimenti. Anche perche' "i ragazzi" non ascoltano nessuno. Solo i parenti di Abba, un cugino o uno zio, che si mette sempre di mezzo quando la tensione sale, quando vola qualche insulto. 'Abba era un nonviolento', dice, 'nessuno deve rovinare la sua festa'. E tutti si calmano. Succede cosi' anche alla fine, in via Zuretti, mentre gli striscioni delle centinaia di sigle della manifestazione sono rimasti in piazza Duomo. Tensione d'agitazione e d'accerchiamento della polizia. Ma poi tutti con le mani alzate per la canzone che piaceva ad Abba e poi ancora a ballare reggae nella via.
Adesso spetta a tutti quelli che stavano dietro a questi ragazzi, consapevoli o meno, non abbandonarli. Spetta ai 50mila di un corteo bellissimo, che riempie il cuore di colori, musiche, cartelli. Spettera’ alla sinistra, alla societa’ civile, non allontanarsi da quei ragazzi. Ascoltarli. Perche’ un conto siamo noi, la nostra voglia di solidarieta’, multiculturalismo, nonviolenza. Un conto sono loro. Te lo dicono quando ti avvicini. Ti dicono "voi". E hai voglia a spiegargli che sei li’ per raccontare e che tu sei antirazzista da sempre. "Vaffanculo" e’ la risposta. C'e’ un noi e un voi. C'e’ un noi giovane, metropolitano, meticcio, precario, che quando prende parola e agisce vuole farlo a suo modo, stile e regole diverse.
Non vale solo per quel centinaio di "agitati sconosciuti" che si sono presi la via. Vale anche per quel ragazzo, bandiera italiana in mano che bisticcia in piazza della Scala con un signore anziano che voleva spiegargli la vita, il lavoro, la famiglia, essere italiani... ‘Guarda che non devo andarmene a casa mia, questa e’ casa mia. Io sono italiano e le cose stanno cambiando, se non te ne sei accorto. E dovete abituarvi’. In via Zuretti verso le 18, a corteo finito, saranno un migliaio a ritrovarsi, sono arrivati anche molti dei centro sociali. Un furgone, della musica e qualche discorso. Ma soprattutto musica. Attorno tanta polizia. La gente si affaccia alle finestre. Alcuni cambiano il nome della via. Una targa come quella per Carlo Giuliani, adesso dice "Via Abba". Tra gli amici, c'e’ anche John che la sera maledetta era con Abba. John porta dei biscotti davanti al bar Shining. I biscotti. Quelli che avrebbero "motivato" la reazione animale dei due baristi, padre e figlio. Eccoli i biscotti. Gli stessi che un ragazzo porta in giro per tutto il corteo fermandosi davanti ad ogni bar, ad ogni caffe’ del centro, ricominciando ogni volta una sorta di piece teatrale: ‘Chiedo solo di essere umano, lo vedete, sono come voi... per questi biscotti mi hanno ammazzato, come non si fa per un cane’. Struggente.
Prima della partenza, prima di questa giornata speciale di cui la citta’ rischia di non rendersi ancora una volta conto, c'erano state le parole della sorella Adriarata, dietro lo striscione che doveva essere d'apertura: ‘C'e’ troppo razzismo, devono smetterla, quel che e’ successo e’ drammatico, nessuno puo’ sentire il dolore che ho dentro, per avere un paese bello bisogna vivere insieme’. Dolore e dignita’. Rispedite come di consueto al mittente dal vicesindaco di An De Corato: ‘Milano non crede al razzismo, ma sulla vicenda del ragazzo ucciso c'e’ una parte, quella della sinistra radicale, che si ostina a rinfocolare una congettura smentita da tutti. Ma anche da esponenti del centrosinistra, come la senatrice teodem Emanuela Baio. Che ha negato la patente di xenofobia alla nostra citta’ e piu’ razionalmente ha puntato il dito contro una societa’ malata, quella per esempio, dei tanti giovani, che come spettri, vagano per le strade della citta’ fino all'alba distruggendosi con alcol e droghe’. Gli fa da contorno uno dei due accusati di omicidio, il figlio, che tramite la madre fa sapere: ‘Meno male che sono in cella con altri sette italiani che mi tirano un po' su e poi abbiamo la stessa cultura, mentalita’, e ci capiamo’. Eccoci qua.
A lui e alla citta’ che dorme sonni tranquilli mentre dei giovani vengono ammazzati, risponde ancora Rifondazione con Arci, Sinistra Democratica, Verdi, sindacato di base e Cgil (c'era tutta la Camera del lavoro al corteo), associazionismo, centri sociali... Ma quale ponte con quei ragazzi che ancora alle 19 camminavano in centinaia lungo Melchiorre Gioia, incapaci di fermarsi? Moni Ovadia, ricordava ieri quando i clandestini erano gli italiani e dice che dovremmo dire grazie a questi ragazzi piovuti come una benedizione. Intanto a Quarto Oggiaro il centro sociale Torchiera con la rete antifascista milanese metteva in scena "Cronache di resistenza", musica, memoria, writing per ritessere la periferia. E in Corvetto, gruppi di giovani presentavano il loro hip-hop, nato nel meltin' pot di uno dei quartieri piu’ tosti della citta’ grazie a un progetto uscito dai Contratti di quartiere e dal lavoro di educativa di strada. Tutta roba che la citta’ istituzionale, quella del "tutti a casa la sera", non vuole. Ecco, forse bisogna ripartire da la’. Dal futuro.

Claudio Jampaglia, Milano (Liberazione)

giovedì 18 settembre 2008

PASSATO PRESENTE E FUTURO DI R*ESISTENZA CRITICA

Dopo qualche mese dalla nascita di Rec ci sembra arrivato il momento di tirare le somme e capire cosa abbiamo fatto fino ad ora e quali sono i nostri obbiettivi futuri.
Ci piace pensare che tutto sia iniziato con la nostra prima uscita pubblica, la festa del 5 agosto, anche se in realtà segue a mesi di confronti, riunioni e idee.
La Street Style Night ci è servita per farci conoscere al nostro paese (Ghedi) e non solo; abbiamo diffuso il nostro questionario, promosso il blog, distribuito volantini sui nostri ideali e le nostre lotte sociali, e ci siamo un po' autofinanziati.
Stessa cosa, ampliando il target a tutta la provincia e non solo, è stato fatto durante la settimana di lavoro alla festa di Radio Onda d'Urto, dove abbiamo incontrato realtà che combattono per i nostri stessi ideali e con cui speriamo di continuare collaborazioni sempre più necessarie in questo clima di paura e disfattismo a livello politico e culturale. Nello stesso periodo è continuata l'attività antifascista, consolidata poi nella fondazione del coordinamento antifascista della bassa (ma non solo) bresciana.
L'attività di Rec prosegue su due fronti paralleli: la partecipazione al coordinamento antifascista e il proseguimento degli obiettivi interni prefissati all'inizio dell'estate.
Innanzitutto cominceremo ad analizzare i dati raccolti dai questionari. Abbiamo superato di gran lunga il numero di risposte che ci aspettavamo, e di questo dobbiamo ringraziare tutti voi che avete collaborato, dandoci l'entusiasmo necessario per credere veramente in questo progetto.
E qui finalmente sveliamo l'arcano: a cosa servono le domande che vi abbiamo posto?
Dalle risposte emerse capiremo quali sono i punti e i temi da affrontare il prima possibile per fare chiarezza sugli argomenti di attualità di cui non abbiamo un'idea chiara.
L'obbiettivo è organizzare eventi culturali di ogni tipo e in ogni luogo (scuole, sale consiliari, parchi, strade...) e tenere conferenze con specialisti che possano darci visioni diverse sui vari temi: bisogna analizzare tutti i lati delle cose per creare in noi un pensiero critico, per saper fare una scelta propria e ragionata.
I risultati dei questionari ci serviranno anche per stilare la bozza definitiva del nostro manifesto: le nostre idee e iniziative non vogliono essere solo locali, ma diffuse a tutto il territorio.
Un movimento culturale non dovrebbe avere limiti territoriali o culturali, seguendo un po' l'ideale del "pensare globale, agire locale". Per fare cio' chiederemo anche l'appoggio di figure illustri della cultura italiana che condividono i nostri ideali e ci aiuteranno a crescere.
REC è un progetto ambizioso e difficile da sviluppare, soprattutto in questo periodo storico; ci vuole molto entusiasmo e volontà per reagire alle oppressioni e alle norme fasciste imposte dal sistema.
Siamo convinti che un nuovo mondo è possibile, che non siamo solo pezzi di una scacchiera che vengono mossi dai potenti. La potenza è del popolo, nelle piazze, nelle strade, nelle industrie, nei circoli, nelle scuole...
Siamo a vostra disposizione per ogni domanda; scriveteci anche se avete idee, se volete pubblicare un vostro articolo o partecipare attivamente o come simpatizzanti al movimento culturale.
Rimane a vostra disposizione anche il blog, in cui vi esortiamo a lasciare commenti ed idee per creare un confronto che possa essere costruttivo e stimolare le nostre menti.
Grazie

venerdì 12 settembre 2008

el presidente... racconta barzellette



Che berlusconi racconti un sacco di barzellette agli italiani si sapeva già... inutile ricordare le promesse fatte e le sue brillanti idee (es. per salvare Alitalia)...
la dote principale del nostro presidente è la simpatia... tutti ridono con lui (o di lui?!) che ci delizia con le sue trovate da vero gentleman e da grande capo del governo.
L'ultima della lista ieri, giusto per aggiungere pepe al dibattito originato dalle dichiarazioni filofasciste di Alemanno e La Russa: berlusconi scatenato e in camicia nera si è esibito alla festa fascista di Azione giovani a Roma.
Tante battute sui comunisti, come quella riportata nel video (non potevamo non farvi ridere a crepapelle!),o quella sulla zanzara comunista che gli girava intorno: "C'è una zanzara comunista...", dice Berlusconi. Poi, la schiaccia e esulta: "La filosofia liberale ha prevalso sull'attacco".
Dopo aver decantato l’operato dei suoi primi 100 giorni di governo, si è lasciato andare ad un inqualificabile elogio del gerarca fascista Italo Balbo per la sua opera svolta in Libia.
"Italo Balbo in Libia fece cose egregie, cose buone - lo loda - e questo l'ho ricordato a Gheddafi, ma lui mi ha replicato che aveva fatto, sì, cose buone, ma soprattutto caserme e centrali operative per i colonizzatori".

...che altro aggiungere?!

...

giovedì 4 settembre 2008

R-esistenza critica

R-esistenza critica


Ogni resistenza è critica. è lo stesso momento critico che chiama a sè la necessità della resistenza. Sono sempre i corpi a resistere. Quando si resiste a un' idea, a una tentazione ad una pretesa o alla paura sono comunque sempre i corpi il campo di battaglia, la posta in gioco. È il corpo che non scappa, non pecca, e che agisce secondo l’una o l’altra idea. Quando si parla di resistenza ne va sempre dei corpi. Ogni resistenza è critica. Questa situazione di difficoltà e di rischio ci parla di come i nostri corpi (forti, reattivi, prestanti) siano in realtà inermi, feribili e uccidibili. È il corpo inerme che resiste, o meglio il corpo deve resistere appunto perché è inerme. Il corpo che resiste da una parte nasconde la sua inermità, ma dall’altra ne prende coscienza. È il corpo inerme che si rende conto di dover resistere, ne va della sua propria sopravvivenza.

A resistere è il corpo, il corpo nei confronti di altri corpi. Non mi è possibile parlare della resistenza, senza appellarmi alla resistenza partigiana, così come d’altronde mi è impossibile parlare della resistenza in astratto, anche perchè quando si parla di vite, di corpi uccisi parlare in astratto necessiterebbe sempre di un sacrificio troppo grande.

Credo che sia doveroso parlare allora della vicenda dello sterminio degli ebrei. Se è possibile che le ossessioni si trasmettano devo confessare di aver contratto questa da un mio caro professore. Com’è possibile che un intero popolo si sia lasciato sterminare senza reagire? Se gli ebrei avessero reagito, se avessero organizzato una resistenza come sarebbero andate le cose?

Mi trovo ora di fronte a due strade. Da una parte la tentazione di desiderare dei corpi reattivi, capaci di reagire, sempre pronti e sempre all’altezza della situazione, dei corpi prestanti. Dall’altra parte la consapevolezza dell’inermità e dell’inadeguatezza dei corpi. Credo che seguire la prima via porti inevitabilmente al fascismo. Che altro è il fascismo se non il desiderio di un’unità e di un’integrità dei corpi e del corpo sociale? non è forse la tensione fascista quella di costruire l’identità nazionale sotto una sola lingua, una religione, una sola cultura e a volte nei casi più demenziali sotto una sola razza? Non è il fascismo che esalta l’eroe, colui che si è sacrificato per la patria? Colui che si è giocato fino in fondo per rendere la sua patria all’altezza? E non ci arrivano dal fascismo quelle immagini della ginnastica di piazza, dell’esaltazione dell’uomo forte e prestante? Non è il fascismo che esalta lo sport e la competizione? Il fascismo vuole l’uomo prestante per essere all’altezza di raggiungere i suoi obbiettivi, sacrifica la carne, il corpo dell’uomo a ciò che il fascismo stesso pone come fine ultimo e come ideale. Sacrifica il reale all’immagine gloriosa dell’eroe. Sacrifica sull’altare degli dei il corpo inerme dell’uomo.

Quindi seguire la via della reazione, dell’uomo sempre in grado di reagire mi risulta impercorribile, per salvare l’inerme dalla morte dovrei sacrificarlo sull’altare. Dall’altra parte resta però inaccettabile l’arrendersi di fronte alla passività di un popolo che si lascia sterminare in massa senza reagire.

Mi rendo conto che non c’è soluzione, tanto meno dialettica alla questione. Ne gioisco perché allora probabilmente sono sulla buona strada.

Pensando alla resistenza mi sono trovato alla fine a parlare di reazione e passività. Mi resta allora forse ancora una via da percorrere, una via che mi risulta difficoltosa e oscura in quanto straborda di ambiguità. È la via della resistenza una via ancora da scoprire, da abbozzare e da pensare. Ma cos’è la resistenza? Non credo di essere in grado di rispondere con una definizione. Resistenza è reazione ma non è prestazione. Non è passività ma neppure progetto. La resistenza sono corpi che combattono, che resistono ad altri corpi, che lottano per la propria sopravvivenza ma non in nome di un progetto di un idea di stato o di eroe ma per salvare la propria vita. per abbozzare un immagine mi viene da dire che la resistenza è una massa informe che lotta per la sua sopravvivenza. Se è vero che i partigiani erano in un qualche modo organizzati è vero anche che i comunisti combattevano al fianco dei cattolici, che i giovani combattevano al fianco dei vecchi, che le azioni non sempre erano coordinate, che i comandi generali cambiavano da un momento all’altro. C’è poi da considerare che vi è una differenza abissale tra l’esercito americano e i partigiani, nonostante entrambi combattessero lo stesso nemico. Diverse le tecniche e diverse le intenzioni.

Resistenza è allora lo sforzo dell’inerme di sopravvivere, è l’inerme che si difende ma che rifiuta il pregiudizio fascista che porta all’esclusione del diverso. Per questo la resistenza parte dal popolo. È l’inerme che accetta la diversità, perché lui stesso è la diversità, e che al tempo stesso lotta per mantenere viva questa sua diversità. Per questo ogni resistenza è critica. Ogni resistenza è critica perché è critica la situazione del corpo, è critico l’esistere del corpo.

Non posso allora che apprezzare il gioco R-esistenza perché è l’esistenza stessa che ha bisogno di resistere, perché ci ricorda che resistenza è esistenza e non astrazione ed istituzione. Ci ricorda che resistenza non è delega ma è lotta in prima persona. R-esistenza critica ci ricorda che ogni esistenza è critica perché critica è la situazione dell’inerme, del corpo feribile ed uccidibile. Perché ci ricorda che ogni resistenza è critica, che ne va dei nostri corpi e delle nostre vite.

Non credo che resistenza critica possa significare resistere in maniera critica nel senso di messa in discussione razionale o di analisi, non si può essere analiticamente resistenti, la resistenza è una questione di pelle, anche nel senso di sentire a pelle, di vivere a pelle, di lottare a pelle, non si fa resistenza con la critica su un giornale, almeno che questo non serva a mettere insieme o a sensibilizzare altre persone che poi in prima persona resisteranno. Mi piace pensare che in questo caso la parola critica stia invece per quel modo di dire: siamo in una situazione critica, la situazione si fa critica, è allora qui che bisogna resistere. Bisogna R-esistere perché è necessario vivere resistendo, perché l’esistenza necessita della resistenza e perché non si può resistere se non esistendo.

D.

mercoledì 3 settembre 2008

Prima riunione CABB - 10 settembre

IL FASCISMO RIALZA LA TESTA
AIUTACI
A RESPINGERLO NELLE FOGNE DALLE QUALI E' ARRIVATO

COLLABORA ALLA FONDAZIONE DEL COORDINAMENTO ANTIFASCISTA DELLA BASSA BRESCIANA

Il coordinamento antifascista della bassa bresciana nasce per organizzare la resistenza al fascismo del terzo millennio qui sul nostro territorio, perché il fascismo va combattuto in ogni luogo dove cerca di rialzare la testa dalle sporche ceneri del suo passato.
Il fascismo di oggi si manifesta sia nelle vecchie forme che la storia ci ha gia' insegnato a riconoscere sia in forme nuove ancora più insidiose e subdole, forme che dobbiamo ancora imparare a conoscere e a combattere. Sta in tutte quelle forze che esplicitamente cercano di riorganizzarsi per ridare vita al movimento fascista, che si rifanno ai valori del fascio o ancor peggio alle teorie naziste. Tra questi sottolineiamo subito il partito fiamma tricolore, casapound (che ha cercato di occupare una cascina a Ghedi non più di tre settimane fa), forza nuova (che è gia presente nel nostro liceo), l'associazione culturale veneto fronte skinhead, cuore nero di Milano ecc..
Ma il fascismo non è solo questo. Il fascismo sta anche nella deriva sicuritaria che oggi affligge l'Italia, sta nelle telecamere che sorvegliano i nostri paesi, sta nella paura del diverso, nel desiderio di omologazione culturale, nel desiderio di una morale unica e assoluta, nello sfruttamento della manovalanza immigrata.
Il coordinamento antifascista della bassa bresciana si impegnerà a combattere il fascismo in tutte le sue forme, perché la storia non si riscrive, per non commettere nuovamente gli errori del passato, per non dimenticare tutti coloro che sono morti nella resistenza.


E' indetta la prima riunione del coordinamento antifascista della bassa bresciana, in cui decideremo come muoverci, chi invitare, come organizzare la tavola antifascista ecc.
Se sei interessato a una partecipazione attiva:

Ci troviamo mercoledì 10 Settembre

per info: r.esistenzacritica@gmail.com