giovedì 4 settembre 2008

R-esistenza critica

R-esistenza critica


Ogni resistenza è critica. è lo stesso momento critico che chiama a sè la necessità della resistenza. Sono sempre i corpi a resistere. Quando si resiste a un' idea, a una tentazione ad una pretesa o alla paura sono comunque sempre i corpi il campo di battaglia, la posta in gioco. È il corpo che non scappa, non pecca, e che agisce secondo l’una o l’altra idea. Quando si parla di resistenza ne va sempre dei corpi. Ogni resistenza è critica. Questa situazione di difficoltà e di rischio ci parla di come i nostri corpi (forti, reattivi, prestanti) siano in realtà inermi, feribili e uccidibili. È il corpo inerme che resiste, o meglio il corpo deve resistere appunto perché è inerme. Il corpo che resiste da una parte nasconde la sua inermità, ma dall’altra ne prende coscienza. È il corpo inerme che si rende conto di dover resistere, ne va della sua propria sopravvivenza.

A resistere è il corpo, il corpo nei confronti di altri corpi. Non mi è possibile parlare della resistenza, senza appellarmi alla resistenza partigiana, così come d’altronde mi è impossibile parlare della resistenza in astratto, anche perchè quando si parla di vite, di corpi uccisi parlare in astratto necessiterebbe sempre di un sacrificio troppo grande.

Credo che sia doveroso parlare allora della vicenda dello sterminio degli ebrei. Se è possibile che le ossessioni si trasmettano devo confessare di aver contratto questa da un mio caro professore. Com’è possibile che un intero popolo si sia lasciato sterminare senza reagire? Se gli ebrei avessero reagito, se avessero organizzato una resistenza come sarebbero andate le cose?

Mi trovo ora di fronte a due strade. Da una parte la tentazione di desiderare dei corpi reattivi, capaci di reagire, sempre pronti e sempre all’altezza della situazione, dei corpi prestanti. Dall’altra parte la consapevolezza dell’inermità e dell’inadeguatezza dei corpi. Credo che seguire la prima via porti inevitabilmente al fascismo. Che altro è il fascismo se non il desiderio di un’unità e di un’integrità dei corpi e del corpo sociale? non è forse la tensione fascista quella di costruire l’identità nazionale sotto una sola lingua, una religione, una sola cultura e a volte nei casi più demenziali sotto una sola razza? Non è il fascismo che esalta l’eroe, colui che si è sacrificato per la patria? Colui che si è giocato fino in fondo per rendere la sua patria all’altezza? E non ci arrivano dal fascismo quelle immagini della ginnastica di piazza, dell’esaltazione dell’uomo forte e prestante? Non è il fascismo che esalta lo sport e la competizione? Il fascismo vuole l’uomo prestante per essere all’altezza di raggiungere i suoi obbiettivi, sacrifica la carne, il corpo dell’uomo a ciò che il fascismo stesso pone come fine ultimo e come ideale. Sacrifica il reale all’immagine gloriosa dell’eroe. Sacrifica sull’altare degli dei il corpo inerme dell’uomo.

Quindi seguire la via della reazione, dell’uomo sempre in grado di reagire mi risulta impercorribile, per salvare l’inerme dalla morte dovrei sacrificarlo sull’altare. Dall’altra parte resta però inaccettabile l’arrendersi di fronte alla passività di un popolo che si lascia sterminare in massa senza reagire.

Mi rendo conto che non c’è soluzione, tanto meno dialettica alla questione. Ne gioisco perché allora probabilmente sono sulla buona strada.

Pensando alla resistenza mi sono trovato alla fine a parlare di reazione e passività. Mi resta allora forse ancora una via da percorrere, una via che mi risulta difficoltosa e oscura in quanto straborda di ambiguità. È la via della resistenza una via ancora da scoprire, da abbozzare e da pensare. Ma cos’è la resistenza? Non credo di essere in grado di rispondere con una definizione. Resistenza è reazione ma non è prestazione. Non è passività ma neppure progetto. La resistenza sono corpi che combattono, che resistono ad altri corpi, che lottano per la propria sopravvivenza ma non in nome di un progetto di un idea di stato o di eroe ma per salvare la propria vita. per abbozzare un immagine mi viene da dire che la resistenza è una massa informe che lotta per la sua sopravvivenza. Se è vero che i partigiani erano in un qualche modo organizzati è vero anche che i comunisti combattevano al fianco dei cattolici, che i giovani combattevano al fianco dei vecchi, che le azioni non sempre erano coordinate, che i comandi generali cambiavano da un momento all’altro. C’è poi da considerare che vi è una differenza abissale tra l’esercito americano e i partigiani, nonostante entrambi combattessero lo stesso nemico. Diverse le tecniche e diverse le intenzioni.

Resistenza è allora lo sforzo dell’inerme di sopravvivere, è l’inerme che si difende ma che rifiuta il pregiudizio fascista che porta all’esclusione del diverso. Per questo la resistenza parte dal popolo. È l’inerme che accetta la diversità, perché lui stesso è la diversità, e che al tempo stesso lotta per mantenere viva questa sua diversità. Per questo ogni resistenza è critica. Ogni resistenza è critica perché è critica la situazione del corpo, è critico l’esistere del corpo.

Non posso allora che apprezzare il gioco R-esistenza perché è l’esistenza stessa che ha bisogno di resistere, perché ci ricorda che resistenza è esistenza e non astrazione ed istituzione. Ci ricorda che resistenza non è delega ma è lotta in prima persona. R-esistenza critica ci ricorda che ogni esistenza è critica perché critica è la situazione dell’inerme, del corpo feribile ed uccidibile. Perché ci ricorda che ogni resistenza è critica, che ne va dei nostri corpi e delle nostre vite.

Non credo che resistenza critica possa significare resistere in maniera critica nel senso di messa in discussione razionale o di analisi, non si può essere analiticamente resistenti, la resistenza è una questione di pelle, anche nel senso di sentire a pelle, di vivere a pelle, di lottare a pelle, non si fa resistenza con la critica su un giornale, almeno che questo non serva a mettere insieme o a sensibilizzare altre persone che poi in prima persona resisteranno. Mi piace pensare che in questo caso la parola critica stia invece per quel modo di dire: siamo in una situazione critica, la situazione si fa critica, è allora qui che bisogna resistere. Bisogna R-esistere perché è necessario vivere resistendo, perché l’esistenza necessita della resistenza e perché non si può resistere se non esistendo.

D.

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