martedì 26 agosto 2008

Sempre piu' dura la caccia al migrante


Giorgio Cremaschi da "Liberazione", 26 agosto.
Spiaggia di Rimini, domenica di fine agosto. Sulla battigia c'è il mercatino degli ambulanti, con i turisti che si soffermano, contrattano, scherzano. Improvvisamente tutte e tutti cominciano a fuggire, infagottando alla meglio le merci, piegando gli sgabelli, alcuni lasciando tutto lì.
Si forma improvvisa una corona fitta di persone silenziose. Al centro di essa vola da un lato all'altro una testa nera coperta di sabbia. Scompare, riappare sopra la linea delle teste che guardano, come chi rischia di affogare nel mare. Con tutta la famiglia ci facciamo largo e vediamo al centro dell'arena due giovani palestrati, con la testa rasata, a torso nudo e bermuda che stanno rotolando sulla sabbia un lungo africano in maglietta. Dopo un po' ci si siedono sopra e lo ammanettano, la folla intorno è muta, all'inizio nemmeno capisce chi siano quei due giovani così violenti. Ma ben presto sono essi a tranquillizzare la folla: «siamo poliziotti». Qualcuno, non si capisce bene se con soddisfazione o disgusto dice: «Mamma mia quante gliene hanno date».
A quel punto dalla folla si alzano anche voci di protesta e una signora anziana, con il più puro degli accenti emiliani urla: «Vergognatevi!». Allora il poliziotto che sta seduto sopra l'africano ammanettato le risponde che ha ricevuto quattro pugni sulla pancia.
Ma non convince visto che le voci di protesta aumentano. Allora qualcuno minaccia: «smettetela o tocca anche a voi». Fuori dalla mischia una ragazza con la maglietta bianca con la scritta vigili urbani, con il volto terreo parla ad una radio portatile. Poi i due agenti in bermuda cominciano a trascinare l'africano verso la strada, dove finisce la spiaggia.
Rimini vanta di essere la spiaggia più larga d'Europa e così è lungo l'attraversamento delle file di ombrelloni. I due poliziotti trascinano nella sabbia l'africano che urla disperatamente in mezzo i bagnanti che osservano stupiti. I bambini alle urla si mettono a piangere mentre si forma un piccolo gruppo che segue i poliziotti e protesta. Il pianto dei bambini cresce, del resto come si fa a spiegare a un bambino che una tale violenza è solo determinata dal fatto che non si può vendere abusivamente in una spiaggia. C'è troppa sproporzione e poi fino a un minuto prima quel mercatino pareva così amichevole e sereno. Invece sarebbe un atto criminale. No, un bambino non capisce, non coglie il nesso tra causa ed effetto. Ed è allora che la spiaggia si divide. Chi approva il comportamento dei due uomini in bermuda, deve andare oltre, deve dire che oggi quei negri non pagano le tasse, portano le malattie, rubano, sono un danno per tutti. Chi si sdegna non può che parlare di razzismo e i diversi punti di vista diventano scontro tra bagnanti, mentre i poliziotti in bermuda e l'africano spariscono. E alla fine chi li sostiene urla a chi protesta: «smettetela tanto la sinistra non c'è più!». Rimini è da sempre il centro delle vacanze popolari e a buon mercato e per questo la sua spiaggia corrisponde a un'idea democratica e popolare di inclusione e tolleranza.
Oggi non è più così. Rancore, cattiveria, intolleranza percorrono la riviera sotto traccia. Sono i commercianti, si dice, che hanno preteso e sostenuto la caccia all'uomo che si è scatenata metodicamente sulle spiagge. Essi sostengono che gli ambulanti abusivi portano via gli affari. E allora questo che c'entra con il razzismo? Pochi giorni prima un gruppo di arabi mal vestiti era stato scacciato da una discoteca perché stonava con l'ambiente, poi si è scoperto che erano un gruppo di ricchissimi giovani sceicchi. Che c'entra il razzismo? La riviera è piena di extra comunitari, donne e uomini dell'est Europa, dell'Africa e dell'Asia che mandano avanti alberghi, ristoranti, servizi di tutti i tipi. Non è razzismo allora quello che fa titolare un giornale locale: «Belva africana si scaglia contro i poliziotti sulla spiaggia» e che fa reclamare all'assessore locale la necessità di una punizione esemplare per questa belva feroce. Non è razzismo di quello classico, perché il razzismo di oggi è meno ideologico e ma censitario. Non ce l'ha per principio con l'asiatico o l'africano, ma con chi oltre ad essere diverso, è povero. Se quegli arabi si fossero presentati alla discoteca vestiti da sceicchi, sarebbero stati accolti come nel film Amarcord. E' essere migranti e poveri che non va, questi sono gli esseri inferiori che possono essere trattati come animali. Non so se Rimini sia oggi specchio dell'Italia, dove secondo alcuni giornali anglosassoni è meglio non venire perché sono vietate le cose che altrove sono permesse e restano impunite tutte quelle che altrove sono represse. So però che non voglio più vergognarmi di andare in una spiaggia e di sentirmi impotente di fronte a scene degne dell'Alabama degli anni Cinquanta.
Perciò nonostante la gentilezza e l'ospitalità di tanti penso che si debba boicottare Rimini. Si tratta di reagire alla caccia all'uomo nelle spiagge nell'unico modo che chi l'ha promossa davvero capisce: «il calo del turismo». Certo si sfidano così grandi numeri, ma a volte anche un piccolo boicottaggio può servire. Il sindaco ed i commercianti di Rimini devono sapere che la politica sicuritaria può servire a far vincere le elezioni perché lì basta il 51%. Ma può far andar male gli affari. La sinistra, che nel paese e anche nelle spiagge esiste ancora, può non aver più voglia di andare in riviere dove vigono gli indirizzi di Maroni, Calderoli e La Russa. E se anche solo una parte di questa sinistra a Rimini non ci va più, l'effetto si farà sentire. Perché proprio il mercato insegna che anche solo il 3% in meno di affari, può fare un bel danno.
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E ANCORA, SEMPRE IERI...
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Articolo di Davide Varì da "Liberazione"

Fermati, buttati a terra e picchiati;ammanettati e, infine, portati via a sirene spiegate. E’ la sorte di 10 persone - nove eritrei e un etiope - che avevano tentato una fuga disperata dal Centro di permanenza temporanea di Siracusa. Anzi da una sua succursale visto che in quel Cpt non c’è più posto neanche per uno spillo.
E’ accaduto domenica sera alla stazione ferroviaria della città siciliana e di
fronte a quella scena il signor Pasquale Pedace, 37 anni, iscritto all’Associazione antirazzista 3 febbraio, è intervenuto chiedendo rispetto e dignità per quelle persone: «Non sono bestie - ha timidamente fatto presente agli agenti - sono esseri umani...».
«Lei chi è - ha immediatamente intimato uno dei poliziotti - lei non è nessuno». Preso, ammanettato e portato via anche il signor Pedace. Da quella sera nessuno sa dove sia finito nè che fine abbia fatto.
«Eravamo in stazione in attesa del treno delle 20.25 per Napoli - racconta Manuela, un’amica di Pasquale - D’improvviso abbiamo sentito un colpo di pistola proveniente dal sottopassaggio seguito dall’arrivo di 4 poliziotti che sono saliti sul treno
e hanno preso tutti i migranti che erano lì. Pasquale, terrorizzato come tutti noi, ha provato a chiedere rispetto per quei poveri disgraziati ma la polizia lo ha preso e lo ha portato via senza alcuna spiegazione e senza alcun motivo».
Ma in questura il motivo di quell’arresto l’hanno trovato: «Il signor Pedace - spiega a Liberazione uno zelante funzionario di polizia - incitava e aizzava
gli immigrati alla ribellione, spingendo gli agenti per impedire la fuga dei suddetti tanto che un collega veniva ferito e riportava contusioni guaribili in 15 giorni». E il colpo di pistola in aria? «Non ci risulta - aggiunge il funzionario - gli agenti erano intervenuti per prendere 10 immigrati clandestini fuggiti dal Centro di prima accoglienza e che ancora dovevano essere identificati».
Ma la versione dei testimoni è del tutto diversa: «Non è vero - continua Manuela - Pasquale non si è mai neanche sognato di intervenire fisicamente.
Era scosso e terrorizzato come tutte le persone presenti in stazione per i modi brutali dei poliziotti che tenevano quelle 10 persone a faccia in giù e con i piedi sulla schiena minacciandole in continuazione.
A quel punto, e a molta distanza da loro, Pasquale ha chiesto solo un po’ di rispetto. Ma di fronte alla sua semplice richiesta un poliziotto in borghese, probabilmente il più alto in grado, ha urlato ai suoi di arrestarlo e portarlo via».
Ma la cosa che più di ogni altra preoccupa gli amici è la sorte del signor asquale: «Nessuno ci dice nulla. Abbiamo chiesto ai poliziotti che lo avevano
fermato, ma di fronte alle nostre richieste loro neanche rispondevano.
Neanche ci guardavano in faccia, semplicemente ci ignoravano quasi noi non esistessimo. Alla fine siamo andati in questura dove, dopo ore di insistenze, ci hanno liquidato confermando l’arresto di Pasquale. Fatto sta che da domenica non abbiamo più notizie di lui».
Neanche l’avvocato del signor Pedace, che tra le altre cose è anche un dirigente
di Socialismo Rivoluzionario, sa dove sia il suo assistito: «Ho parlato
con la questura ma nessuno sa dirmi se si trova in galera o in qualche cella della questura stessa. Le accuse contestate, a quanto ho capito, riguardano la presunta resistenza a pubblico ufficiale e le lesioni. Ma è una storia assurda - continua l’avvocato - il signor Pedace era in stazione per caso, aveva terminato le vacanze
ed era in attesa del treno che lo avrebbe riportato a casa. Ci sono testimoni che possono testimoniare l’assenza di qualsiasi tipo di contatto tra lui e gli agenti. Lui si è limitato a intervenire verbalmente».
Di certo c’è solo che oggi ci sarà il processo per direttissima. Lì Pasquale Pedace dovrà rispondere di accuse gravissime e di reati che non ha mai commesso.

lunedì 25 agosto 2008

Solidarietà al popolo nepalese



Il 28 maggio a Katmandu l'Assemblea Costituente ha proclamato decaduta la
monarchia che dal 1769 regnava su tutto il Nepal. La soppressione delle
monarchia è il risultato della guerra popolare rivoluzionaria che il Partito
comunista del Nepal (maoista) ha iniziato più di 12 anni fa, staccandosi dai
revisionisti moderni e adottando il marxismo-leninismo-maoismo come sua
teoria guida. La vittoria del Partito comunista del Nepal (maoista) nelle
elezioni per l'Assemblea Costituente tenute il 10 aprile non sarebbe stata
possibile senza la mobilitazione delle coscienze, l'organizzazione e i
rapporti di forza creati nel paese dai successi conseguiti dal nuovo potere
instaurato negli anni passati in gran parte del paese e fondato sulle forze
armate rivoluzionarie e sulle altre organizzazioni popolari create e guidate
del Partito Comunista del Nepal (maoista). La vittoria della rivoluzione
democratica nel Nepal è la vittoria della concezione e della linea del
Partito comunista del Nepal (maoista): il marxismo-leninismo-maoismo.

Anche il re del Nepal pretendeva di aver ricevuto il potere da dio, un po'
come il Papa che a capo della Corte Pontificia spadroneggia nel nostro paese
e tira le fila delle sue istituzioni politiche, economiche e culturali ed è
quindi responsabile del marasma i cui siamo infognati. Ma né l'origine
divina, né l'appoggio degli imperialisti americani e indiani sono bastati a
tenerlo in sella. L'AC gli ha dato 15 giorni di tempo per sgomberare il
palazzo reale. Questo è stato dichiarato proprietà nazionale e destinato a
diventare un museo. La monarchia nepalese è così finita nel museo della
storia. Ha preceduto di qualche anno il Pontefice di Roma e il futuro che
farà il Vaticano.

A schiacciante maggioranza (560 voti su 601 membri di cui 564 presenti) l'AC
ha dichiarato il Nepal una repubblica democratica federale. È il primo degli
obiettivi che il Partito comunista del Nepal (maoista) aveva proposto alle
masse popolari del Nepal e per i quali è riuscito a mobilitarle.

L'ambulante nel portabagagli



Proteste a Termoli (Campobasso): i cittadini
hanno scattato anche delle foto, inviate a un sito locale

La linea dura dei vigili
l'ambulante nel portabagagli
di GIUSEPPE CAPORALE

TERMOLI - Un giovane ambulante extracomunitario aggredito, tenuto per il collo e trascinato sull'asfalto, lungo il corso della città. Da tre vigili urbani.
E' accaduto a Termoli, all'altezza del corso Nazionale, sabato scorso, verso sera. Testimoni dell'accaduto diversi cittadini che non solo hanno fotografato la scena con i telefonini, ma sono intervenuti in soccorso del giovane straniero, affrontando le forze dell'ordine.
La polizia municipale aveva fermato l'ambulante in quanto sprovvisto di licenza di vendita. Pare che l'extracomunitario, a quel punto, abbia opposto resistenza aggrappandosi alla merce che i vigili volevano sequestrare. Poi, secondo le prime ricostruzioni, sarebbe stato strattonato a terra e trascinato in mezzo alla strada fino all'auto dei vigili.

"Volevano caricarlo nel portabagagli" raccontano alcuni testimoni al sito internet Primonumero.it che per primo ha pubblicato le foto dei lettori indignati per l'accaduto.

"Ho assistito a una deplorevole scena di crudeltà gratuita - commenta un testimone - i vigili urbani hanno trascinato e strattonato un ragazzo di colore perché non era in possesso della licenza. Alcuni miei amici hanno scattato delle foto con il cellulare. I vigili urbani è inutile che cerchino giustificazioni poiché non è vero - come affermano - che l'ambulante ha avuto una reazione eccessiva e che li ha autorizzati ad usare violenza nei suoi confronti. Ero presente ai fatti e ho ancora nelle orecchie la voce e il pianto dell'extracomunitario che supplicava".

Il responsabile della polizia municipale Rocco Giacintucci, replica: "Non so nulla, ero in ferie. Sto apprendendo ora quanto è successo. Una cosa però è certa: se i vigili hanno agito in quel modo è perché evidentemente c'è stata una reazione spropositata del giovane. Le regole in qualche modo le dobbiamo fare rispettare. Capisco che certe scene possono apparire più o meno cruente, ma dipende dalla reazione del soggetto".

"Davvero il pericolo più grave e il rischio più grande per l'ordine pubblico per la mia città, sono i venditori abusivi?" si chiede Marcella Stampo, della cooperativa Baobab "e quand'anche fosse così, non c'è altro modo per arginare il pericolo che picchiare e portare via una persona come fosse una cosa vecchia o una carcassa di animale, chiuso in un portabagagli? Mi rallegra solo pensare che le persone presenti abbiano avvertito la stupida cattiveria dell'accaduto e abbiano protestato".

(25 agosto 2008)
www.repubblica.it

venerdì 22 agosto 2008

20 settembre a Modena corteo di protesta



"LIBERA" era uno spazio autogestito a Marzaglia in provincia di Modena.
Dopo 8 anni di autogestione e libertà è stata sgomberata violentemente e demolita immediatamente dopo 9 ore di resistenza Venerdì 8 agosto.
La giunta del PD ha deciso di demolire lo spazio per costruire un Autodromo con albergo e mega centro commerciale, proprio la', nelle campagne modenesi ricche di prati, boschi e falde acquifere, dove i compagni del collettivo libertario/anarchico "Degli Agitati" svolgevano le loro attività, libere dallo sfruttamento, dalla gerarchia, dall'autorità e il militarismo. Libera "era" (vogliamo continuare a dire "è" ) uno spazio non mercificato dove poter godere dei piaceri della vita sperimentando rapporti di rispetto e di mutuo appoggio, dove continuare a sognare e dove lottare per un cambiamento sociale libertario anarchico.
Il 19-20-21 settembre prevista a Modena una 3 giorni di manifestazioni, in particolare SABATO 20 SETTEMBRE si terrà un corteo nazionale di protesta contro gli sgomberi e le devastazioni ambientali.
"E' importante la partecipazione di tutti, non soltanto per difendere la natura dai pescecani che vorrebbero cemento e attività commerciali ovunque, ma per reagire alle maniere di questi politicanti sinistresi che si riempiono la bocca di democrazie, ma approvano progetti dannosi per la nostra salute e quella dei nostri cari, ignorando il parere popolare e costringendoci con la forza a piegarci ai loro interessi. Non ne possiamo piu'!E' tempo di reagire!
SOLIDARIETA' /// PARTECIPAZIONE ATTIVA!" (volantino del Gruppo Antifa Lodi, distribuito alla festa di Radio Onda d'Urto).

Per maggiori informazioni i link al sito e al myspace di Libera:
http://www.libera-unidea.org/
http://www.myspace.com/csalibera

dossier sulle destre radicali a Brescia


Segnaliamo questo dossier dello scorso anno preparato da alcuni compagni antifascisti che han voluto informare i cittadini di Brescia sugli sviluppi delle destre radicali sul nostro territorio, e rendere omaggio alle componenti antifasciste della città che dal dopoguerra ad oggi hanno lottato affinché Brescia potesse diventare una città antifascista, multietnica, ricca di spazi sociali e aperta.
Il dossier è scaricabile qui

p.s.
da pag.12 c'è una scheda dettagliata su uno dei promotori dell'occupazione alla cascina Martinenga a Ghedi.

giovedì 21 agosto 2008

Coordinamento Antifascista della Bassa Bresciana


A TUTTI GLI ANTIFASCISTI BRESCIANI


“Altri vendevano vento. Seduti dietro un tavolino inventavano dei ricordi per quelli che non ne avevano o che li avevano dimenticati. «venditore di ricordi veri, freschi, autentici, verificabili», aveva persino scritto uno di loro su una lavagna da scolaro appesa al muro. Non avevano molti clienti. I ricordi non erano merce rara in quel paese, ma bisogna dire che ad Agadir questo piccolo commercio della memoria era stato abbastanza fiorente. Dopo il terremoto certi sopravvissuti avevano perso la memoria, altri avevano cercato di verificare i loro ricordi, e poi ci furono quelli che non avevano vissuto quella notte terribile e che, in visita ad Agadir, si facevano raccontare quell’avvenimento tragico con tutti i particolari da quei testimoni di vento che si presentavano come degli «illuminati che i muri, cadendo, hanno risparmiato»”. T. Ben Jelloun, A occhi bassi.

Quest’urgenza di ricordi ci tocca oggi più che mai. Di questa epidemia della dimenticanza soffre la nostra società molto più della città Agadir. Il revisionismo storico, l’ignoranza, il perdersi della memoria toccandosi con la paura del diverso, il bisogno di un’identità forte e il presentarsi di una situazione politica favorevole stanno creando nuove condizioni favorevoli alla rinascita del fascismo. Un fascismo tanto diverso quanto simile a quello che già una volta ha fatto la rovina dell’Italia, dell’Europa e di tutti quei paesi che con queste hanno avuto a che fare. Ci appelliamo allora oggi a tutti gli antifascisti presenti sul territorio perché si uniscano a noi nel dare una risposta dura e decisa al fascismo che in questi giorni sta cercando di alzare la testa, di rinascere dalle ceneri di un nero passato che da ormai un secolo in nuove e vecchie forme continua a ripresentarsi. Il fascismo va combattuto nel territorio, la dove nasce e cerca di radicarsi. L’antifascismo teorico e delle belle parole oggi non basta più, dobbiamo smettere di essere non fascisti per diventare antifascisti, un “Anti” che significa impegno e lotta senza tregua contro tutte le forme del fascismo. Combattere il fascismo significa non lasciargli spazio, significa riappropriarci dei nostri spazi di lotta, anche quelli che col tempo abbiamo abbandonato e che il fascismo sta cercando di ricondurre a se. Il fascismo va combattuto nella nostra vita quotidiana, allontanando il cancro del pregiudizio nei confronti del diverso, nelle nostre famiglie, sul posto di lavoro e persino al bar. Potremmo dire che essere antifascista è uno stile di vita è accettare e amare la diversità, è lottare ogni giorno laddove i nostri occhi vedono e le nostre orecchie sentono. Se ognuno di noi fosse antifascista ogni volta che sentisse parlare o vedesse il fascismo allora questo sarebbe oggi gia debellato.



LANCIAMO ALLORA UN APPELLO A TUTTI GLI ANTIFASCISTI BRESCIANI PERCHE’ COLLABORINO ALLA COSTRUZIONE DEL COORDINAMENTO ANTIFASCISTA DELLA BASSA BRESCIANA.
PERCHE’ IL FASCISMO SIA COMBATTUTO LADDOVE PROVI A RINASCERE DALLE SPORCHE CENERI DEL SUO PASSATO




“la distruzione del passato, o meglio la distruzione dei meccanismi sociali che connettono l’esperienza dei contemporanei a quella delle generazioni precedenti, è uno dei fenomeni più tipici e insieme più strani degli ultimi anni del Novecento. La maggior parte dei giovani alla fine del secolo è cresciuta in una sorta di presente permanente, nel quale manca ogni rapporto organico con il passato storico del tempo in cui essi vivono.” Hobsbawn, il secolo breve.

Per informazioni scrivere a: r.esistenzacritica@gmail.com

mercoledì 20 agosto 2008

Sedicenne tolto alla madre perchè milita in Rifondazione

IL CASO. Il giudice lo affida al padre: tra le motivazioni anche quelle politiche
La motivazione: frequenta estremisti, la donna non sa badare all'educazione


Gli dicono che somiglia a Scamarcio, l'attore. A sedici anni, fa piacere. Ma ha promesso che oggi si taglia i capelli arruffati e magari non lo bollano più come comunista. Circolo Tienanmen, tessera dei Giovani comunisti, trovata dal padre, fotocopiata dai servizi sociali, allegata all'ordinanza del Tribunale di Catania, prima sezione civile, per dimostrare nella causa di affido che la madre non sa badare all'educazione del ragazzo il quale ha "la tessera d'iscrizione a un gruppo di estremisti".

Quindi, M. P. - che preferisce non essere citato con il suo nome, visto che lui, ragazzo esuberante, lo conoscono un po' tutti a Catania - è stato di fatto accusato di essere comunista rifondarolo, uno che frequenta "luoghi di ritrovo giovanili dove è diffuso l'uso di sostanze alcoliche e psicotrope", dove cioè c'è il sospetto che si bevano birre e si fumino spinelli. Nel giudizio degli assistenti sociali, le cose stanno pure peggio perché i comunisti sono "estremisti, il segretario del circolo è un maggiorenne che pare abbia provveduto a convincere all'iscrizione e all'attivismo altri ragazzi", tra cui l'amico del cuore del sedicenne, anche lui una testa matta che lo trascina nella vita "senza regole". Non è l'unica ragione, ovvio, per far pendere la bilancia della contesa sull'affido dalla parte paterna, ma la militanza comunista è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. M. P. è stato tolto alla madre e ora assegnato al padre, insieme al fratello più piccolo.

Tra un uomo e una donna, dopo una travagliata separazione, la resa dei conti si scarica spesso sui figli. Cose che succedono, non dovrebbero. La ragione, si sa, non sta mai da una parte sola. Però a Catania, ora ci si è messa di mezzo la politica. Mai infatti i comunisti, rifondaroli o del Pdci, si erano sentiti citati in un tribunale come pericolosi, estremisti, prova provata e sintomo di devianza giovanile. "Fino a ieri si chiamava militanza, e Rifondazione era il partito del presidente della Camera, Fausto Bertinotti; la sinistra comunista aveva due ministri nel governo Prodi", si sfoga Orazio Licandro, responsabile dell'organizzazione del Pdci. Nel partito di Diliberto hanno suonato l'allarme: comincia così la caccia alle streghe, usando in una storia delicata e complessa di affido familiare lo spauracchio dei comunisti, "è l'anticamera della messa al bando, siamo ormai extraparlamentari e anche pericolosi. Non è fascismo? Poco ci manca". Elencati nel dossier del tribunale infatti ci sono la tessera, con il costo dell'adesione, il faccione di Che Guevara e la fede nella rivoluzione riassunta nella frase "No soy un libertador, los libertadores existen, son los pueblos quienes se liberan".

C'è inoltre la parodia di una canzone dei Finley "Adrenalina", ode alla cocaina, riferimenti che mandano in tilt un padre come una madre. Mamma Agata, medico ospedaliero, è disorientata. Il Tribunale la obbliga intanto a versare 200 euro al mese al marito per il mantenimento dei figli, a lasciare la casa nel comune etneo dove la famiglia risiedeva. Nel più pessimista dei suoi incubi, racconta, si aspettava un affido condiviso. L'Istat calcola che ormai in Italia i figli bipartisan del divorzio stanno crescendo fin quasi a diventare sette su dieci. Dev'essere la storia di un'altra Italia, non cose che capitano qua, da queste parti a Catania, taglia corto Agata. Non è disposta a riconoscere argomenti e legittimità delle richieste paterne, che invece ci sono. E il figlio? "Va al mare e studia, ha avuto tre debiti al penultimo anno del classico - greco, latino e filosofia - d'altra parte come può essere sereno con questa guerra in atto?".

Non facile certo, spiegare a M. P. che le difficoltà della vita per alcuni, per lui ad esempio, si sono presentate in anticipo. Capita, ma s'impara prima. Difficile a quanto pare, far comprendere al padre che, come scriveva Freud, l'adolescenza è una malattia grave ma per fortuna si guarisce. L'avvocato della madre Mario Giarrusso assicura che tenterà altri approcci, mediazioni, soluzioni. I comunisti denunciano il clima da "anticamera della messa al bando" che si respira nell'isola. M. ha progetti bellicosi per l'autunno, ma tutti davvero poco preoccupanti: una band con gli amici dove lui vuole suonare il basso e la chitarra, la militanza politica, il teatro grande passione. "Con il suo gruppo ha vinto anche un premio", s'inorgoglisce la dottoressa Agata. Nelle relazioni dei servizi sociali e nell'ordinanza del tribunale le si rimprovera di avere nascosto al marito che il ragazzo ha avuto una "irregolare frequenza scolastica", di avere dato il suo beneplacito a "mancati rientri a casa", oltre a una serie di leggerezze anche verso l'altro fratellino (la figlia più grande è maggiorenne). Ma mai si sarebbe aspettata di trovarsi sotto accusa per le idee del figlio.

di GIOVANNA CASADIO (www.repubblica.it)

martedì 19 agosto 2008

Nuovo razzismo, vecchio male


Ultimamente si sente parlare spesso di "nuovo razzismo".
Proprio ieri a Genova l'ultimo caso di pestaggio di gruppo (13 contro 1) ai danni di un giovane angolano, che ha come unica "colpa" avere la pelle nera.
I ragazzotti sbruffoni si avvicinano al ventiquattrenne, che passeggiava serenamente con un'amica, e il boss del gruppo dice testuali parole: «Stasera ho voglia di picchiare qualcuno. Guardate, sta passando uno sporco negro... quasi quasi mi sfogo con lui. Puzzi, lo sai negro?». Assunçao l'ha ignorato. Ma il giovane italiano non s'è rassegnato: «Te ne devi tornare al tuo paese, in Africa. Ti ammazzo».
La vittima ha riportato lividi su tutto il corpo, escoriazioni dappertutto, una lussazione, e un gran dolore nel cuore, che si porterà dietro per tutta la vita.
"Sono arrivati colpi da tutte le parti, non vedevo più nulla: cercavo solo di resistere, di non cadere a terra. E nelle orecchie mi rimbombavano gli insulti". Quando qualcuno dalla discoteca esce per soccorrerlo - i buttafuori, particolarmente robusti, sono anche loro di origine africana - il branco fugge e si disperde. Scappano in direzione della stazione, la telecamera forse li riprende. "Qualcuno di loro aveva la testa rasata. Ma non mi sembra di avere visto tatuaggi o simboli particolari".
La polizia ritiene che si tratti di un gruppo di balordi, senza particolari connotazioni politiche. Di simpatie per l'estrema destra avrebbero parlato invece persone che hanno assistito all'aggressione, e che sostengono di aver riconosciuto alcuni presunti frequentatori di un vecchio circolo di Forza Nuova del quartiere.
Questo è solo l'ultimo di una serie di casi (a Verona a inizio Maggio un ragazzo è stato ucciso da un gruppo di naziskin) che sempre piu' spesso avvengono nelle nostre città, ovviamente mai riportati al telegiornale o nelle trasmissioni-dibattito di parte.
Il razzismo c'è, e cresce sempre piu', grazie anche alla politica di intolleranza ed esclusione del diverso del nostro governo.
Pure il papa (si si quello che da giovane era nella Hitler Jugend) si dice preoccupato perchè "Una delle grandi conquiste dell'umanità è il superamento del razzismo - ha detto -. Purtroppo, però, di esso si registrano in diversi Paesi nuove manifestazioni preoccupanti, legate spesso a problemi sociali ed economici, che tuttavia mai possono giustificare il disprezzo e la discriminazione razziale".
Vedi caro papa ("caro" nel senso che ci costi non poco...) il razzismo non si è mai estinto, non esiste un nuovo e un vecchio razzismo.
Gli antichi dicevano "Homo homini lupus" per sottolineare quanto l'uomo sia egoista di natura, per il timore di essere sopraffatto da altri simili. Sono passati dei secoli, ma siamo sempre in quella stessa situazione: la paura del "diverso" causa in noi una reazione che sfocia spesso nella xenofobia e nel razzismo.
Chiariamo bene la parola, prima che qualcuno si agiti senza motivo:
Xenofobia (dal greco ξενοφοβία, xenophobia, ossia "paura del diverso"; composto da ξένος, xenos, "estraneo, insolito" e φόβος, phobos, "paura"), ossia la paura di ciò che è distinto per natura, razza o specie. A volte questo atteggiamento non si ferma alla semplice paura ma sfocia in una vera e propria intolleranza e discriminazione nei confronti dell'oggetto della propria paura.
Partendo dal presupposto che tutti gli uomini temono il diverso, la politica per superare questo ostacolo puo' agire in due modi: distruggere e annientare le altre razze, fomentando l'odio verso il diverso, oppure fare in modo che ci sia comunicazione fra popolazioni diverse, integrazione, solidarietà reciproca e rispetto.
Non si puo' certo dire che il nostro governo diffonda principi di solidarietà e uguaglianza fra popoli.
Tutto sommato quello che dice Ratzinger è vero: il razzismo in qualche modo è legato a problemi sociali ed economici.
E' legato al malessere comune, dovuto dalle innumerevoli tasse che paghiamo, agli stipendi da fame, agli affitti da capogiro, alla malasanità, all'insicurezza sul lavoro, alla precarietà, alla tensione che domina ogni minuto della nostra vita...
Questi sono i reali problemi della società, e il Governo sa che non sono risolvibili, per questo distoglie l'attenzione su altro, indirizzando le nostre preoccupazioni altrove. Scontato e banale prendersela coi migranti.
Hai uno stipendio troppo basso?colpa dell'immigrato che ti ruba il lavoro!
La tua città non è sicura?colpa di tutti quei neri!
Troppo semplice accusare sempre l'emarginato, il piu' debole... Consiglio a tutti la lettura di "Stato di paura" di Michael Cricton.
E' quello in cui viviamo, uno stato di paura.
I governi deviano l'interesse della gente su finti problemi per distogliere l'attenzione dalle magagne dello stato.
Nel nostro caso fomenta l'odio razziale con leggi ad hoc, informazione di parte (al tg sembra che solo i rumeni stuprino delle donne, ma lo sapete che il 70% degli stupri avviene in famiglia?e del restante 30% neanche un terzo è commesso da stranieri?!), italianizzazione estrema di ogni cosa (fascismo?), "pacchetti sicurezza" only contro migranti ecc ecc.
E la gente, incazzata, delusa, frustrata reagisce con sommosse popolari, ronde notturne, roghi ai campi rom, pestaggi di gruppo... facendo il gioco di coloro che sanno come deviare le nostre menti.

venerdì 8 agosto 2008

NAZIFASCISTI A GHEDI

Proprio nel giorno della nostra festa Antifascista ecco spuntare come i funghi i nazifasci bresciani, che tentano di occupare una delle cascine piu’ famose di Ghedi per creare un “centro sociale”, definito da loro stessi “apolitico”.
Ma di apolitico non c’è niente; partiamo dai promotori dell’iniziativa. Facciamo i nomi. Silvio Olivetti e Umberto Malafronte. E l’associazione Leonessa, che tutti bene o male conoscono, che di apolitico non ha proprio nulla. Tutto sostenuto da CasaPound Italia.
Perché Ghedi?
Questo bisognerebbe chiederlo a loro, perché hanno scelto la cascina Martinenga come (parole di Olivetti) “simbolo lombardo della lotta di una Comunità umana e politica alla speculazione e alla crezione di luoghi che sono diventati nel tempo rifugio di immigrati clandestini, spacciatori e prostitute”.
Innanzitutto occupare un locale abusivamente è reato, e se proprio vogliono farlo, dovrebbero farlo con discrezione!infatti ancora prima che occupassero la cascina, Ghedi era a conoscenza dell'evento. I carabinieri non ci han messo molto a sgomberare tutto...
Secondo, lo stabile era in via di ristrutturazione, e tante cose che han raccontato nei loro forum e ai giornali sono fintissime.
Terzo (lasciatemelo dire), qualsiasi cosa ci sia in quella cascina, è comunque meglio di un rifugio di nazifascisti!
E per ultimo, ma diciamolo a bassavoce, quella cascina è pericolante!!!!
Immediata la reazione su internet soprattutto, e, chissà come (forse grazie all’appoggio di qualche amico?) sui giornali.
L’area a quanto pare è stata sgomberata dai carabinieri…
Vedremo cosa accadrà in futuro, intanto informiamo la cittadinanza con un volantino preparato da antifascisti bresciani, perché Ghedi non è fascista, Ghedi non è razzista, Ghedi non vuole un centro di nazifasci sul suo territorio.
R*esistenza Critica appoggia in pieno l’iniziativa e aiuta gli amici antifa nella lotta contro questo presunto centro sociale. Non so se vi è chiaro, NON VI VOGLIAMO! Ecco il volantino Antifa che sarà distribuito a partire da domani a Ghedi:

Un grave fatto sta accadendo in questi giorni a Ghedi: un gruppetto di fascisti xenofobi e razzisti hanno occupato illegalmente la cascina Martinenga.
Anche se le forze dell’ordine hanno già avviato la procedura di sgombero, vogliamo ugualmente denunciare l’incostituzionalità di ogni forma di nazifascismo e la nostra totale contrarietà e vogliamo dare un avvertimento a questi individui: far capire loro che qui, come del resto ovunque vadano, non sono accolti ed accettati.

Siamo pronti a tutto per fermare questa onda reazionaria che si sta allargando in modo preoccupante, grazie anche all’aiuto dato loro da chi ci governa, i quali con le loro leggi securitarie, con le loro norme atte a colpire l’immigrazione ed il dissenso, hanno legittimato la rinascita di questi gruppi.

Siamo fortemente preoccupati delle sempre più continue azioni di attacco confronti di cittadini della provincia di Brescia e soprattutto degli abitanti nella zona della Franciacorta. E’ storia recente una lettera minatoria ad una cittadina di Rovato;, lo sparo di alcuni proiettili rivolti ad una vetrina di una libreria gestita da un altra persona della franciacorta e più recentemente l’incendio di uno striscione durante una festa organizzata a Cologne da alcuni cittadini, gesto che poteva avere conseguenze gravi vista la presenza di alcuni bambini che giocavano nelle vicinanze. Non dimentichiamo anche tutti gli episodi di intimidazione contro i centri sociali bresciani ed organi di informazione alternativi, e tutti i preoccupanti gesti xenofobi e razzisti degli ultimi mesi dei quali le cronache sono piene ma ai quali non viene dato giusto risalto dalla stampa.

Vogliamo dire a tutti questi individui definitisi dal loro portavoce Silvio Olivetti “Fascisti del terzo millennio” che noi siamo gli ANTIFASCISTI DA SEMPRE e che in questa zona non c’è posto per personaggi che inneggiano l’odio razziale, sessuale e politico!
Vigileremo costantemente ed in modo capillare sul territorio e se questi fascisti non verranno respinti in modo legale dalle autorità competenti, ci sentiremo legittimati a respingerli con una mobilitazione collettiva di tutte le forze e le realtà antagoniste ed antifasciste presenti sul territorio!

CHIEDIAMO A TUTTI I CITTADINI DI SOSTENERCI IN QUESTA LOTTA CONTRO COLORO CHE VOGLIONO RISCRIVERE LA STORIA, COLORO CHE HANNO DIMENTICATO CIÒ’ CHE CON IL SACRIFICIO DELLA RESISTENZA SI È’ DURAMENTE OTTENUTO:
LIBERTA’, UGUAGLIANZA, SOLIDARIETA’

GRUPPO ANTIFASCISTA LOCALE

Street Style Night - impressioni

A 3 giorni dal primo evento di R*EC possiamo dire di essere molto soddisfatti dell’esito della serata. E’ stato un bel momento di incontro, allegria e, speriamo, riflessione. In questo momento difficile per la Sinistra italiana i Compagni devono essere uniti nelle battaglie comuni, per fronteggiare le leggi razziste-xenofobe-leghiste-fasciste di Brescia e quelle fascistissime del Berlusconi2. In un periodo in cui gruppi nazifascisti si formano sotto gli occhi di tutti (anche a Ghedi!) dobbiamo ricordare a tutti i ragazzi e non che il rispetto, l’uguaglianza, la lotta contro ogni forma di razzismo e oppressione è vivo dentro di noi, e sempre lo sarà finchè ci sarà un Compagno pronto a gridare il suo odio per gli sfruttatori e i razzisti.
E’ stata una serata con buona musica, tanti giovani, c’è stata una buona risposta ai nostri inviti, soprattutto da altri paesi.
Abbiamo raccolto una sessantina di questionari (grazie!!) e consegnato centinaia di volantini per farci conoscere.
Molto positivo anche l’incontro con le altre realtà che abbiamo invitato alla festa.
Angolo dei ringraziamenti:
il primo, ovviamente, a Rifondazione Comunista di Ghedi che ci ha appoggiato e ci ha permesso di realizzare questo evento.
Un abbraccio grosso a Rita, che ci sostiene sempre e per l’occasione ha scritto la bellissima poesia “la Moviola”, pubblicata sulla presentazione della serata e del nostro movimento.
Ringraziamo tutte le associazioni presenti con i banchetti, in particolare gli amici del Comitato Via le Atomiche, e quelli del gruppo “FalceMartello”.
Ringraziamo i gruppi che han suonato, i ragazzi che si sono occupati della cucina, i realizzatori dei murales e chi ci ha aiutato a montare e preparare tutto.
Il ringraziamento piu’ grande va a tutti i Compagni che sono accorsi con entuasiasmo, in particolare agli amici di Rivolta Kulturale con cui speriamo di intraprendere una proficua collaborazione.

L’impegno estivo di R*EC continua con l’aggiornamento del blog (a singhiozzo, son tutti in vacanza!), l’impegno antifascista (vedi prossimo post) e la presenza dal 14 al 21 agosto alla festa di Radio Onda d’Urto, ospiti del Comitato Via le Atomiche.

martedì 5 agosto 2008

AIUTIAMO IL COMPAGNO IRANIANO DAVOOD BAGHERI!

Davood Bagheri è rinchiuso in un carcere turco dal 5 Aprile, senza aver commesso alcun reato, per il solo fatto di essere fuggito dall'Iran, per salvarsi dal carcere e dalla tortura.

Davood fa parte del movimento comunista Freedom and Equality seeking students, che da dicembre 2007 subisce la dura repressione del regime di Teheran, per le sue posizioni antigovernative, a sostegno dei lavoratori e del popolo iraniano e contro la guerra imperialista degli Usa nella regione mediorientale.

La sua intenzione era quella di raggiungere l'Europa, ma la sua fuga è stata fermata a Istanbul e da lì è stato rinchiuso nel carcere di Edirne in attesa di ottenere lo status di rifugiato politico o, in alternativa, il rimpatrio. Nonostante i diversi e ripetuti appelli da parte dei compagni, Amnesty International e l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati si sono dimostrati sordi. Davood, in prigione, continuava a subire maltrattamenti e torture da parte delle guardie carcerarie. Alla notizia del rifiuto dello status di rifugiato, la situazione è diventata talmente critica che Davood ha tentato il suicidio. Ricoverato nell'ospedale del carcere e poi riportato in cella Davood, da metà luglio, è entrato in sciopero della fame. Il 25 Luglio, alle 14.00 è stato trasferito in un carcere di massima sicurezza, in una cella di isolamento, e da lì si teme, possa essere rimpatriato. Le sue condizioni di salute sono precarie, aggravate dai maltrattamenti e dalle torture che continua a subire. La Turchia ha un accordo con l'Iran che le permette di bypassare gli accordi internazionali in materia di asilo e rimpatriare tutti i profughi. La vita di un nostro compagno è in serio pericolo, ha bisogno di un gesto rivoluzionario, che serva a cambiare lo stato di cose attuale.

Per aiutarlo possiamo:

- scrivere un comunicato ad Amnesty International, all'UNHCR (alto commissariato delle nazioni unite), alle agenzie stampa, quotidiani, anche locali e di partito, ad altre organizzazioni per la salvaguardia dei diritti umani;

- firmare la petizione: http://www.petitiononline.com/db20085/petition.html

- contattare clastat@gmail.com per organizzare ulteriori iniziative.


La lotta non deve conoscere confini!

SOLIDARIETÀ AI COMPAGNI IRANIANI

Azady Barabary (Freedom and Equality seeking students) è un movimento politico marxista radicato nelle università di Teheran e di tutto l'Iran. I suoi membri sono studenti, ex studenti espulsi dagli atenei per la loro attività politica e perseguitati dal regime, attivisti per i diritti umani e delle donne. Il movimento vede come assolutamente coincidenti le istanze comuniste e la preservazione, la difesa dei diritti umani: l'essere umano è il soggetto delle dinamiche storiche di cui il conflitto di classe è il motore. Se quella comunista è l'unica società in cui libertà e eguaglianza possono spiegarsi nella loro totale essenza, il compito di un comunista è quello di organizzare il movimento operaio e allo stesso tempo di difendere i diritti umani. Azady Barabary (DAB) si pone così come una amalgama tra il movimento operaio iraniano, la classe intellettuale, i movimenti per la difesa delle donne, degli omosessuali, delle minoranze etniche e di tutti quei soggetti vittime di un conflitto sociale ogni giorno più acuto e drammatico.

L'Iran può apparire come una società monolitica, incentrata sulla sharia e forte dei suoi valori, votata al fondamentalismo e alla violazione quotidiana dei diritti basilari , perché così ci viene presentata grossolanamente dai mass media, nel volgare tentativo di costruire il “nemico” . Ma l'Iran è altro. E' un paese in cui in conflitto di classe esplode con sempre più forza per le strade delle città, attraverso le proteste del popolo, dei lavoratori e degli studenti. I comunisti hanno sempre avuto un ruolo cardine nelle battaglie del popolo contro la teocrazia, e per questo hanno pagato col sangue, con anni di prigionia e tortura, con un genocidio politico perpetrato negli anni '80 dal regime dell'Ayatollah Khomeini.

Nonostante ciò, i compagni del DAB, da due anni a questa parte conducono la loro battaglia politica organizzando le maggiori manifestazioni sia studentesche che operaie, pubblicando riviste, articoli e insegnando la teoria marxista negli atenei. Ma se prima il regime perseguitava singoli membri, da dicembre la persecuzione è diventata massiccia. Il 4 dicembre, infatti, in seguito alla manifestazione per il Giorno dello Studente, in cui i compagni gridavano il loro NO AL REGIME TEOCRATICO E NO ALLA GUERRA IMPERIALISTA AMERICANA, più di sessanta attivisti sono stati arrestati, portati nelle carceri di Evin, torturati e costretti a confessare davanti ad una telecamera. La brutalità delle torture ha ucciso uno studente curdo, Ibrahim Lotfolahi, mentre, dopo più di 8 mesi, Farhad Hajmirzaee rimane in carcere, sotto tortura, senza processo, per il suo rifiuto a confessare reati mai commessi. Il gruppo infatti è stato accusato di apostasia, azioni contro lo stato, collusione con gruppi di opposizione esterni al paese. Per reati del genere sono previste pene molto severe, compresa la condanna a morte. Già uno studente, Abed Tavancheh è stato condannato a 8 mesi, che sta scontando nel carcere di Arak, ed è entrato in sciopero della fame. Altri membri del gruppo sono stati costretti a lasciare il paese e chiedono asilo politico in Turchia e in altri paesi europei. Uno di loro Davood Bagheri, è stato arrestato nel marzo scorso mentre cercava di passare il confine dalla Turchia alla Grecia, è stato rinchiuso nel carcere di Edirne e sottoposto a maltrattamenti e torture che l'hanno portato più di una volta a tentare il suicidio. Ora Davood aspetta di essere rimpatriato in Iran, rinchiuso in un carcere di massima sicurezza e in condizioni di salute precarie. Quel che gli accadrà in Iran non ha bisogno di essere specificato. L'indifferenza della stampa, delle organizzazioni umanitarie, non possono non far pensare ad una voluta discriminazione nei confronti di comunisti, vittime di abusi e di violazioni dei diritti umani. Ma si tratta di organizzazioni borghesi, fanno il loro lavoro. La difesa dei compagni iraniani tocca a noi comunisti!


clastat@gmail.com

Il Fondamentalista Riluttante di M. Hamid

Un testo scorrevole e coinvolgente, in prima persona, che appassiona dalla prima all'ultima pagina.
E' essenzialmente un lungo dialogo in una piazzetta di Lahore, in Pakistan, fra un fondamentalista con un lungo passato e un misterioso occidentale.
Il racconto della vita del neofondamentalista, non per scelta bensì per necessità, si snoda fra la sua vita negli Stati Uniti, i grandi successi nelle migliori università, la carriera in una azienda di consulenze economiche e un grande amore.
Poi la caduta, la percezione del suo ruolo nella sua vita, il ricordo del passato in Pakistan e un grande cambiamento lento ed inesorabile nel suo essere.
Un romanzo appassionante e scritto sapientemente, che lascia spazio ad interessanti spunti di riflessione sul diverso e sulla situazione mondiale attuale.