martedì 26 agosto 2008

Sempre piu' dura la caccia al migrante


Giorgio Cremaschi da "Liberazione", 26 agosto.
Spiaggia di Rimini, domenica di fine agosto. Sulla battigia c'è il mercatino degli ambulanti, con i turisti che si soffermano, contrattano, scherzano. Improvvisamente tutte e tutti cominciano a fuggire, infagottando alla meglio le merci, piegando gli sgabelli, alcuni lasciando tutto lì.
Si forma improvvisa una corona fitta di persone silenziose. Al centro di essa vola da un lato all'altro una testa nera coperta di sabbia. Scompare, riappare sopra la linea delle teste che guardano, come chi rischia di affogare nel mare. Con tutta la famiglia ci facciamo largo e vediamo al centro dell'arena due giovani palestrati, con la testa rasata, a torso nudo e bermuda che stanno rotolando sulla sabbia un lungo africano in maglietta. Dopo un po' ci si siedono sopra e lo ammanettano, la folla intorno è muta, all'inizio nemmeno capisce chi siano quei due giovani così violenti. Ma ben presto sono essi a tranquillizzare la folla: «siamo poliziotti». Qualcuno, non si capisce bene se con soddisfazione o disgusto dice: «Mamma mia quante gliene hanno date».
A quel punto dalla folla si alzano anche voci di protesta e una signora anziana, con il più puro degli accenti emiliani urla: «Vergognatevi!». Allora il poliziotto che sta seduto sopra l'africano ammanettato le risponde che ha ricevuto quattro pugni sulla pancia.
Ma non convince visto che le voci di protesta aumentano. Allora qualcuno minaccia: «smettetela o tocca anche a voi». Fuori dalla mischia una ragazza con la maglietta bianca con la scritta vigili urbani, con il volto terreo parla ad una radio portatile. Poi i due agenti in bermuda cominciano a trascinare l'africano verso la strada, dove finisce la spiaggia.
Rimini vanta di essere la spiaggia più larga d'Europa e così è lungo l'attraversamento delle file di ombrelloni. I due poliziotti trascinano nella sabbia l'africano che urla disperatamente in mezzo i bagnanti che osservano stupiti. I bambini alle urla si mettono a piangere mentre si forma un piccolo gruppo che segue i poliziotti e protesta. Il pianto dei bambini cresce, del resto come si fa a spiegare a un bambino che una tale violenza è solo determinata dal fatto che non si può vendere abusivamente in una spiaggia. C'è troppa sproporzione e poi fino a un minuto prima quel mercatino pareva così amichevole e sereno. Invece sarebbe un atto criminale. No, un bambino non capisce, non coglie il nesso tra causa ed effetto. Ed è allora che la spiaggia si divide. Chi approva il comportamento dei due uomini in bermuda, deve andare oltre, deve dire che oggi quei negri non pagano le tasse, portano le malattie, rubano, sono un danno per tutti. Chi si sdegna non può che parlare di razzismo e i diversi punti di vista diventano scontro tra bagnanti, mentre i poliziotti in bermuda e l'africano spariscono. E alla fine chi li sostiene urla a chi protesta: «smettetela tanto la sinistra non c'è più!». Rimini è da sempre il centro delle vacanze popolari e a buon mercato e per questo la sua spiaggia corrisponde a un'idea democratica e popolare di inclusione e tolleranza.
Oggi non è più così. Rancore, cattiveria, intolleranza percorrono la riviera sotto traccia. Sono i commercianti, si dice, che hanno preteso e sostenuto la caccia all'uomo che si è scatenata metodicamente sulle spiagge. Essi sostengono che gli ambulanti abusivi portano via gli affari. E allora questo che c'entra con il razzismo? Pochi giorni prima un gruppo di arabi mal vestiti era stato scacciato da una discoteca perché stonava con l'ambiente, poi si è scoperto che erano un gruppo di ricchissimi giovani sceicchi. Che c'entra il razzismo? La riviera è piena di extra comunitari, donne e uomini dell'est Europa, dell'Africa e dell'Asia che mandano avanti alberghi, ristoranti, servizi di tutti i tipi. Non è razzismo allora quello che fa titolare un giornale locale: «Belva africana si scaglia contro i poliziotti sulla spiaggia» e che fa reclamare all'assessore locale la necessità di una punizione esemplare per questa belva feroce. Non è razzismo di quello classico, perché il razzismo di oggi è meno ideologico e ma censitario. Non ce l'ha per principio con l'asiatico o l'africano, ma con chi oltre ad essere diverso, è povero. Se quegli arabi si fossero presentati alla discoteca vestiti da sceicchi, sarebbero stati accolti come nel film Amarcord. E' essere migranti e poveri che non va, questi sono gli esseri inferiori che possono essere trattati come animali. Non so se Rimini sia oggi specchio dell'Italia, dove secondo alcuni giornali anglosassoni è meglio non venire perché sono vietate le cose che altrove sono permesse e restano impunite tutte quelle che altrove sono represse. So però che non voglio più vergognarmi di andare in una spiaggia e di sentirmi impotente di fronte a scene degne dell'Alabama degli anni Cinquanta.
Perciò nonostante la gentilezza e l'ospitalità di tanti penso che si debba boicottare Rimini. Si tratta di reagire alla caccia all'uomo nelle spiagge nell'unico modo che chi l'ha promossa davvero capisce: «il calo del turismo». Certo si sfidano così grandi numeri, ma a volte anche un piccolo boicottaggio può servire. Il sindaco ed i commercianti di Rimini devono sapere che la politica sicuritaria può servire a far vincere le elezioni perché lì basta il 51%. Ma può far andar male gli affari. La sinistra, che nel paese e anche nelle spiagge esiste ancora, può non aver più voglia di andare in riviere dove vigono gli indirizzi di Maroni, Calderoli e La Russa. E se anche solo una parte di questa sinistra a Rimini non ci va più, l'effetto si farà sentire. Perché proprio il mercato insegna che anche solo il 3% in meno di affari, può fare un bel danno.
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E ANCORA, SEMPRE IERI...
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Articolo di Davide Varì da "Liberazione"

Fermati, buttati a terra e picchiati;ammanettati e, infine, portati via a sirene spiegate. E’ la sorte di 10 persone - nove eritrei e un etiope - che avevano tentato una fuga disperata dal Centro di permanenza temporanea di Siracusa. Anzi da una sua succursale visto che in quel Cpt non c’è più posto neanche per uno spillo.
E’ accaduto domenica sera alla stazione ferroviaria della città siciliana e di
fronte a quella scena il signor Pasquale Pedace, 37 anni, iscritto all’Associazione antirazzista 3 febbraio, è intervenuto chiedendo rispetto e dignità per quelle persone: «Non sono bestie - ha timidamente fatto presente agli agenti - sono esseri umani...».
«Lei chi è - ha immediatamente intimato uno dei poliziotti - lei non è nessuno». Preso, ammanettato e portato via anche il signor Pedace. Da quella sera nessuno sa dove sia finito nè che fine abbia fatto.
«Eravamo in stazione in attesa del treno delle 20.25 per Napoli - racconta Manuela, un’amica di Pasquale - D’improvviso abbiamo sentito un colpo di pistola proveniente dal sottopassaggio seguito dall’arrivo di 4 poliziotti che sono saliti sul treno
e hanno preso tutti i migranti che erano lì. Pasquale, terrorizzato come tutti noi, ha provato a chiedere rispetto per quei poveri disgraziati ma la polizia lo ha preso e lo ha portato via senza alcuna spiegazione e senza alcun motivo».
Ma in questura il motivo di quell’arresto l’hanno trovato: «Il signor Pedace - spiega a Liberazione uno zelante funzionario di polizia - incitava e aizzava
gli immigrati alla ribellione, spingendo gli agenti per impedire la fuga dei suddetti tanto che un collega veniva ferito e riportava contusioni guaribili in 15 giorni». E il colpo di pistola in aria? «Non ci risulta - aggiunge il funzionario - gli agenti erano intervenuti per prendere 10 immigrati clandestini fuggiti dal Centro di prima accoglienza e che ancora dovevano essere identificati».
Ma la versione dei testimoni è del tutto diversa: «Non è vero - continua Manuela - Pasquale non si è mai neanche sognato di intervenire fisicamente.
Era scosso e terrorizzato come tutte le persone presenti in stazione per i modi brutali dei poliziotti che tenevano quelle 10 persone a faccia in giù e con i piedi sulla schiena minacciandole in continuazione.
A quel punto, e a molta distanza da loro, Pasquale ha chiesto solo un po’ di rispetto. Ma di fronte alla sua semplice richiesta un poliziotto in borghese, probabilmente il più alto in grado, ha urlato ai suoi di arrestarlo e portarlo via».
Ma la cosa che più di ogni altra preoccupa gli amici è la sorte del signor asquale: «Nessuno ci dice nulla. Abbiamo chiesto ai poliziotti che lo avevano
fermato, ma di fronte alle nostre richieste loro neanche rispondevano.
Neanche ci guardavano in faccia, semplicemente ci ignoravano quasi noi non esistessimo. Alla fine siamo andati in questura dove, dopo ore di insistenze, ci hanno liquidato confermando l’arresto di Pasquale. Fatto sta che da domenica non abbiamo più notizie di lui».
Neanche l’avvocato del signor Pedace, che tra le altre cose è anche un dirigente
di Socialismo Rivoluzionario, sa dove sia il suo assistito: «Ho parlato
con la questura ma nessuno sa dirmi se si trova in galera o in qualche cella della questura stessa. Le accuse contestate, a quanto ho capito, riguardano la presunta resistenza a pubblico ufficiale e le lesioni. Ma è una storia assurda - continua l’avvocato - il signor Pedace era in stazione per caso, aveva terminato le vacanze
ed era in attesa del treno che lo avrebbe riportato a casa. Ci sono testimoni che possono testimoniare l’assenza di qualsiasi tipo di contatto tra lui e gli agenti. Lui si è limitato a intervenire verbalmente».
Di certo c’è solo che oggi ci sarà il processo per direttissima. Lì Pasquale Pedace dovrà rispondere di accuse gravissime e di reati che non ha mai commesso.

1 commento:

Anonimo ha detto...

ogni giorno i tg son pieni di notizie fuorvianti, tutte contro i migranti, cosi l'opinione pubblica sa che un giorno un marocchino ha stuprato una donna, ma non sa che la polizia fascista li pesta a sangue perchè vendono 2 braccialetti in spiaggia. A parte il fatto che i modi utilizzati sono incivili e disumani, ma vi sembra giusto che al governo abbiamo mafiosi, ladri e pluricondannati liberi, eppure ci fan credere che il male piu' grande sia il "vù cumprà"?!! ma come siamo messi...per fortuna c'è ancora gente che si indigna, si lamenta e reagisce. Bisogna resistere